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Un ufficio a misura di professionista

Mai come oggi la progettazione degli spazi di lavoro è strategica. Gli ambienti  devono essere accoglienti, sostenibili, in linea con l’immagine che si vuole dare del proprio studio. La scelta dei materiali? Dipende dall’area strategica di ognuno.

Accoglienti più di casa, inevitabilmente sostenibili e coerenti con l’immagine che si vuol dare di sé e della propria professionalità.

Queste le caratteristiche che un moderno studio professionale deve avere oggi gli uffici o gli spazi di uno studio professionale. «Il tempo è una delle cose più democratiche che ci siano», dice l’architetto Sergio de Gioia, partner e co-fondatore, insieme a Fabrizio Michielon di MD41, business unit di MIDE srl, nata lungo la Riviera del Brenta e dedicata alla progettazione integrata di edifici complessi, specializzata nei settori workplace e pubblico: « Delle 24 ore giornaliere, almeno otto ognuno di noi le trascorre lavorando. Quindi, è fondamentale, specialmente nell’era post covid, che l’ambiente di lavoro sia accogliente e, paradossalmente, più bello di casa propria, per diventare veramente attrattivo». Su quali siano le caratteristiche di questa attrattività, de Gioia non ha dubbi: «Molto importante, il rapporto con l’esterno: per esempio un giardino o un terrazzo. Specialmente in quelle zone del Paese dove, grazie al clima favorevole, ci si può permettere di godere delle pause all’aperto. Altro aspetto: la luce, che è uno degli elementi di progetto fondamentali, anche se è ancora spesso sottovalutato. Soprattutto la luce naturale, ma anche quella artificiale. Parlo della qualità della luce che, al di là delle necessità di tipo ergonomico e normativo, influenza molto sia l’umore che la produttività. E poi il verde interno: ultima novità degli spazi di lavoro, fortunatamente sempre più presente, che permette di instaurare delle dinamiche di attenzione e cura da parte dei lavoratori: oltre a essere un elemento educativo e sociale, diventa indice di un senso di appropriazione del posto di lavoro fino a renderlo il proprio spazio. Altro indicatore: i materiali, che fanno la differenza per l’atmosfera che si crea nello spazio di lavoro. Per dire, come approccio, il nostro studio tende il più possibile all’utilizzo di materiali naturali, per una questione sia di sostenibilità che di qualità. Perché il materiale naturale ha una poetica che il materiale artificiale non raggiungerà mai».

No all’open space a tutti i costi

Open space sì o no? «Dipende dai casi specifici, cioè in base all’organizzazione interna e alle esigenze dello studio. Ultimamente, anche per via del costo sempre più elevato dei metri quadri soprattutto nelle grandi città, c’è stata una prevalenza degli open space, che richiedono meno spazio per ospitare una certa quantità di persone. Per organizzazioni più articolate, diventa problematico invece gestire troppe collaboratori in uno stesso ambiente, benché uno spazio condiviso stimoli la cooperazione. Come dicevo, dipende da caso a caso e di che tipo di attività professionale stiamo parlando: noi lavoriamo in open space perché abbiamo interazioni continue da parte dei team di lavoro sui vari progetti», mentre hanno esigenze opposte, per motivi di privacy, i professionisti di uno studio associato di psicologia.

La presenza del verde interno, quale elemento dall’elevato valore estetico e di cura (oltre che per la salutare funzione di assorbimento di onde elettromagnetiche e sostanze volatili dannose) è considerata tra le funzioni più rilevanti per una buona vita in ufficio anche dall’architetto Elisa Burnazzi, fondatrice nel 2003, insieme al partner Davide Feltrin, di Burnazzi e Feltrin Architetti, a Trento. Il loro approccio prende avvio da un “Dream Book”, dove si raccolgono le idee, i desiderata, i sogni dei clienti: «Si parte sempre con l’obiettivo di trovare un equilibrio, in maniera tale che il cliente si senta accolto», sostiene Burnazzi. Un esempio? «Se un avvocato decide di aprire il proprio studio legale, nel progettarlo si deve valutare quale tipo di clientela in quegli spazi farà il proprio ingresso e quale immagine si vuol dare per non tradire le aspettative. Quindi, se il focus di un giovane neo avvocato è l’assistenza al mondo delle associazioni, quelle di categoria, le OnG, le realtà no profit, gli spazi e l’arredo dell’ufficio dovrebbero raccontare questa sensibilità, magari con grafiche ad hoc, arredi dai materiali naturali, oggetti che derivano dall’upcycling, o riutilizzo creativo. Se invece lo studio è quello di un avvocato che ha per clienti imprenditori, liberi professionisti, uomini d’affari è quasi naturale che costoro, entrando in quello studio si aspetteranno mobili in stile classico, tappeti, lampade di design, stampe antiche e quadri d’epoca». Ovviamente anche i colori aiutano a creare un’atmosfera accogliente. «Sì, insieme ai materiali», continua Burnazzi: «Per esempio, tempo fa abbiamo progettato gli uffici di un’agenzia immobiliare. Il titolare ci ha detto che il momento dell’acquisto, o della vendita, è quello più delicato, perché ai più freddi calcoli logici-razionali si sommano aspetti più emotivi. Ecco perché abbiamo scelto per quegli spazi materiali caldi, come il legno alle pareti, e colori avvolgenti, come l’arancione. Mentre, nell’ufficio del geometra, il primo contatto tra cliente e agenzia, dove la concentrazione deve essere alta per raccogliere tutte le informazioni, abbiamo preferito ricorrere al bianco, sia sulle pareti che nella mobilia che nel pavimento in resina. Unica nota, di sorpresa, il rosso delle sedie di design che, essendo un colore vivo e acceso, serve a catturare l’attenzione».

Su come sia cambiata, negli ultimi anni, la condivisione degli ambienti di lavoro, i due esperti sono della stessa opinione: «L’interazione di oggi è più di tipo virtuale: chiamate e videocall», spiega de Gioia: «Questa tendenza ha ridotto l’esigenza di sale riunioni capienti, liberando spazi interni. Che vanno ottimizzati, per crearne di nuovi: più contenuti, capillari, insonorizzati, come una sorta di cabina telefonica 2.0 o piccole sale riunioni». Modulare l’ufficio in modo flessibile è anche la tendenza avvertita dall’architetto Burnazzi: «Il lockdown ha portato ancor più alla luce il bisogno dei lavoratori di riuscire a concentrarsi, senza distrazioni e senza disturbarsi l’uno con l’altro. Quindi se un collega deve fare una call con un cliente, ha bisogno di un box insonorizzato, una stanza del telefono, dotata di scrivania, in cui è libero di parlare senza il timore di disturbare gli altri o di essere disturbato da loro».

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