Il nuovo rapporto AlmaLaurea fotografa la situazione dei laureati italiani: nonostante i livelli record del tasso di occupazione post-laurea, oltre il 30% dei giovani trova lavori non coerenti con il percorso di studi. Crescono i contratti a tempo indeterminato, ma aumentano anche età media alla laurea e squilibri territoriali e di genere
Ci laureiamo sempre più tardi e non sempre il lavoro che scegliamo ha a che fare con le competenze acquisite durante gli studi: i dati appena presentati da AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario che valuta le performance di studio e gli sbocchi lavorativi, presentano una realtà con tante luci e altrettante ombre.
Più contratti, ma la laurea non sempre fa la differenza
Il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento del titolo è cresciuto e ha raggiunto il valore più alto dell’ultimo decennio: il 78,6% dei laureati di primo e secondo livello trova subito lavoro e il 90% entro cinque anni. Non solo. Si registra anche un aumento dei contratti a tempo indeterminato, sono il 39,5% a un anno dalla laurea per i laureati di primo livello e il 29,8% per quelli di secondo livello.
Spesso però i nuovi lavoratori devono fare i conti con il “mismatch”, cioè, con il disallineamento tra ciò che hanno studiato e le richieste del mondo del lavoro. Sono più del 30% i laureati che non utilizzano pienamente le conoscenze acquisite negli studi o che svolgono, loro malgrado, un lavoro per il quale la laurea ottenuta non è quella richiesta dall’azienda che li assume. «Tre sono i protagonisti del fenomeno del mismatch: laureati, università, imprese» spiega Marina Timoteo, direttrice di AlmaLaurea. «Su questi e sui fattori che li connettono l’indagine AlmaLaurea indaga in profondità. Negli ultimi anni i laureati sono sempre meno disponibili ad accettare lavori non coerenti con il proprio titolo di studio e sempre più cercano occupazioni che favoriscano l’equilibrio vita-lavoro, che consentano lo sviluppo di buone relazioni con i colleghi, che sostengano valori di utilità sociale». Tuttavia, spesso bisogna fare i conti con la necessità di trovare comunque un lavoro con retribuzioni degne e rassegnarsi così al mismatch.
Ritardi, squilibri di genere e fuga dei talenti
Se il numero dei laureati aumenta, proporzionalmente cresce anche l’età del conseguimento del titolo: la media è di 25,8 anni e solo il 58,7% dei giovani discute la tesi nei tempi previsti. A farlo, sono soprattutto donne (il 59,9%) ma non in aree tecnologiche dove la loro presenza è ferma al 41%. «Le laureate sono caratterizzate da migliori performance universitarie ma penalizzate nell’occupazione e nella retribuzione» dice Ivano Dionigi, presidente di AlmaLaurea. E quello di genere non è l’unico divario. «Assistiamo ancora al fenomeno della mobilità per motivi di studio e di lavoro, prevalentemente nella direttrice Sud-Nord, ma anche verso l’estero» continua Dionigi. «Riguarda in particolare i laureati con migliori performance e provenienti dai contesti socio-culturali più avvantaggiati. Rilevante e preoccupante il persistente fenomeno dei laureati che scelgono l’estero per gratificazioni sia professionali sia retributive».