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Cambiamento climatico, ci vuole coraggio. Parola di Nobel

 

L’umanità deve fare delle scelte essenziali, deve contrastare con forza il cambiamento climatico. Sono decenni che la scienza ci ha avvertito che i comportamenti umani stavano mettendo le basi per un aumento vertiginoso della temperatura del nostro pianeta. Sfortunatamente le azioni intraprese dai governi non sono state all’altezza di questa sfida e i risultati finora sono stati estremamente modesti.

 

Ci vogliono misure più incisive

Negli ultimi anni gli effetti del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti: le inondazioni, gli uragani, le ondate di calore e gli incendi devastanti di cui siamo stati spettatori attoniti sono un timidissimo assaggio di quello che avverrà nel futuro su una scala enormemente più grande. Adesso che il cambiamento climatico inizia a influenzare la vita delle persone, incomincia a esserci una reazione forse più risoluta, ma abbiamo bisogno di misure decisamente più incisive e non dobbiamo limitarci al solo salvare la nostra coscienza.

Dall’esperienza del Covid sappiamo che non è facile prendere le misure efficaci in tempo. Abbiamo visto come spesso le misure di contenimento della pandemia sono state prese in ritardo, solo al momento in cui non erano più rimandabili. Mi ricordo di un capo di governo a cui sfuggì il detto «non possiamo fare un lockdown prima che gli ospedali siano pieni, i cittadini non capirebbero». Sappiamo tutti che il medico pietoso fece la piaga purulenta: i politici hanno il dovere di non essere medici pietosi.

Il compito storico della politica è di aiutare l’umanità a passare per una strada piena di pericoli. È come guidare la notte: la scienza sono i fari, ma poi la responsabilità di non andare fuori strada è del guidatore che deve anche tener conto che i fari hanno una portata limitata.

Anche gli scienziati non sanno tutto. È un lavoro faticoso durante il quale le conoscenze si accumulano una dopo l’altra e le sacche di incertezza vengono pian piano eliminate. La scienza fa delle previsioni oneste sulle quali si forma piano piano, gradualmente un consenso scientifico. Quando l’IPCF (l’Istituto per i processi chimico fisici, ndr) prevede che in uno scenario intermedio di riduzione delle emissioni dei gas serra la temperatura potrebbe salire tra 2,1 e 3,5 gradi, quest’intervallo è quello che possiamo stimare al meglio dalle conoscenze attuali. Tuttavia, deve essere chiaro a tutti che la correttezza dei modelli del clima è stata verificata confrontando le previsioni di questi modelli con il passato; se la temperatura aumenta più di 2 gradi entriamo in una terra incognita in cui ci possono essere anche altri fenomeni che non abbiamo previsto che possono peggiorare enormemente le situazione: per esempio incendi di foreste colossali come l’Amazzonia che immetterebbero in maniera catastrofica quantità enormi di gas serra, ma quando accadrebbero? Gli oceani che al momento attuale stanno assorbendo molti dei gas serra che emettiamo, ma questo fenomeno continuerà in una terra due gradi più calda? L’aumento della temperatura non è controllato solo delle emissioni dirette, ma è mitigato da tantissimi meccanismi di regolazione che potrebbero cessare di funzionare con l’aumento della temperatura. Mentre il limite inferiore dei 2 gradi è qualcosa sul quale possiamo essere abbastanza sicuri, è molto più difficile capire quale sia lo scenario più pessimistico: potrebbe essere molto ma molto peggiore di quello che noi immaginiamo.

 

Il ruolo delle nuove tecnologie

Abbiamo di fronte un enorme problema che ha bisogno di interventi decisi non solo per bloccare l’emissione di gas serra, ma abbiamo bisogno anche di investimenti scientifici: dobbiamo essere in grado di sviluppare nuove tecnologie per conservare l’energia trasformandola anche in carburanti, tecnologie non inquinanti che si basino su risorse rinnovabili: non solo dobbiamo salvarci dall’effetto serra, ma dobbiamo evitare di cadere nella trappola terribile dell’esaurimento delle risorse naturali.

 

La responsabilità dei cittadini
Il risparmio energetico è anche un capitolo da affrontare con decisione: per esempio finché la temperatura interna delle nostre case rimarrà quasi costante tra estate e inverno, sarà difficile fermare le emissioni.

Bloccare il cambiamento climatico con successo richiede uno sforzo mostruoso da parte di tutti: è una operazione con un costo colossale, non solo finanziario ma anche sociale con cambiamenti che incidono sulle nostre esistenze. La politica deve far sì che questi costi siano accettati da tutti: chi più ha usato le risorse deve contribuire di più, in maniera da incidere il meno possibile sul grosso della popolazione; i costi devono essere distribuiti in maniera equa e solidale fra tutti i paesi: la decenza richiede che i paesi che attualmente incidono sulle risorse del pianeta devono fare gli sforzi maggiori.

 

Non solo Pil

Permettetemi di aggiungere una considerazione di natura economica. Il prodotto interno lordo dei singoli paesi sta alla base delle decisioni politiche, e la missione dei governi sembra essere di aumentare il Pil il più possibile, obiettivo che è in profondo contrasto con l’arresto del cambiamento climatico. Vorrei fare mie alcune delle parole che Robert Kennedy pronunciò il 18 marzo del 1968 all’università del Kansas: «Il prodotto nazionale lordo comprende l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per ripulire le nostre autostrade dalla carneficina. Comprende le serrature speciali per le nostre porte e le prigioni per le persone che le rompono.  Comprende la distruzione delle sequoie e la perdita della nostra meraviglia naturale come effetto di un caotico sviluppo… Insomma misura tutto, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta. E può dirci tutto sull’America, tranne perché siamo orgogliosi di essere americani, ed è così in tutto il mondo».

Il prodotto nazionale lordo non è una buona misura dell’economia. Cattura la quantità ma non la qualità della crescita. Sono stati proposti molti indici diversi, tra cui l’indice di sviluppo umano e l’indice di benessere economico sostenibile. Se il prodotto nazionale lordo rimarrà al centro dell’attenzione, il nostro futuro sarà triste. I politici, i giornalisti, gli economisti che pianificano il nostro futuro e monitorano i progressi che sono stati fatti, devono usare un indice che consideri altri aspetti oltre al prodotto nazionale lordo.

 

L’educazione, punto cruciale
Bloccare il cambiamento climatico è un’impresa che impegnerà l’umanità per moltissimi anni e le nuove generazioni avranno un ruolo fondamentale. L’educazione è un punto cruciale. I giovani devono essere in grado di capire la situazione generale e di formarsi le proprie idee.

Dobbiamo dare ai bambini un’educazione scientifica a partire dalla scuola materna.

Ma per prima cosa devono imparare il metodo scientifico, a dedurre dalla propria esperienza. Come ha sottolineato l’italiana Maria Montessori, l’educazione scientifica è un processo naturale portato avanti spontaneamente dall’individuo umano e si non acquisisce ascoltando le parole, ma attraverso le esperienze sull’ambiente in modo di arrivare alla chiarezza di visione necessaria per dirigere e modellare il futuro della società umana. Ma spesso non si insegna in questo modo.

Il futuro è dei giovani, che devono avere tutti gli strumenti che permettano loro di orientarsi in questo mondo complesso. Ho sfiorato tantissimi temi: energia, ricerca scientifica, giustizia sociale, economia ed educazione dei giovani. Affrontare queste problematiche e risolverle è il compito della politica con il contributo di tutti, specialmente i ragazzi.

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