Smartworking e nomadismo digitale trasformano anche le professioni più tradizionali. Dai commercialisti agli psicologi, cresce il numero di freelance che scelgono la libertà di lavorare da remoto, in Italia e nel mondo.
Una nuova generazione di commercialisti, senza giacca né cravatta, con un linguaggio semplice e, soprattutto, senza un ufficio, 100% da remoto. È la sfida di “Commercialisti digitali” una rete innovativa di professionisti fuori dagli schemi e in giro per l’Italia e il mondo.
Da quando anche la pubblica amministrazione ha fatto passi da gigante nella digitalizzazione e le call sono una prassi consolidata, molte professioni possono, almeno potenzialmente, rinunciare a una sede fissa e alla presenza fisica in un luogo e in un tempo determinati. Secondo i dati di Nomad List, i nomadi digitali italiani sono circa 800 mila, il 47% tra i 30 e i 39 anni e per il 38% lavoratori autonomi.
Il nomadismo digitale conquista anche le professioni tradizionali
Il nomadismo digitale, che sta crescendo in tutto il mondo, in Italia, riguarda ancora soprattutto i settori della comunicazione e del marketing (27% secondo Nomad List), della Formazione (14%) e dell’Informatica (13%). Ma di recente anche le professioni più classiche si stanno affacciando a questa nuova frontiera, come dimostra proprio il caso dei “Commercialisti digitali”, che spiegano: «La visione standard del lavoro d’ufficio non ci appartiene, per noi il tempo è fondamentale. Non ci servono grandi uffici o altro, quello di cui abbiamo bisogno è un Mac e una connessione wi-fi»
Spazi condivisi e comunità per nomadi digitali in Italia
«Stiamo vivendo la transizione dall’epoca industriale, in cui si viveva nell’area in cui si lavorava, a una realtà più flessibile dove chi ha la possibilità di lavorare da remoto può scegliere dove farlo e quindi anche dove vivere, magari anche di non essere stanziale» spiega Alberto Mattei, fondatore e presidente dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali. «In molti Paesi esistono già luoghi di aggregazione per lavoratori non stanziali, spazi coworking che offrono, oltre a una scrivania e a una rete internet potente, anche occasioni di socializzazione e reti di supporto». Succede anche in Italia, per esempio a Pontremoli, un comune della Lunigiana a rischio spopolamento dove oggi la rete di Start-working accoglie lavoratori nomadi da tutto il mondo.
Smart working e liberi professionisti: due velocità diverse
Nella realtà aziendale lo smartworking stenta a decollare perché presuppone un cambiamento dell’organizzazione del lavoro, non più orari fissi ma flessibili, non più processi predefiniti ma raggiungimento degli obiettivi. «In Italia lo smartworking invece non ha ancora questa connotazione, è più una misura di welfare aziendale e spesso, a chi decide di essere padrone del proprio tempo e dei propri spazi, non resta altro da fare che passare al regime di consulente» dice Mattei. «I liberi professionisti, invece, che per loro natura organizzano autonomamente il proprio lavoro, sono avvantaggiati nel poter scegliere dove e come lavorare».
Professioni non digitali in trasformazione
Se un commercialista, la cui attività si svolge ormai quasi completamente online, può scegliere di lavorare da un’altra parte del mondo, non è lo stesso per un medico o un avvocato. Ma anche qui stiamo vivendo un’evoluzione. «Chi fa questa scelta spesso cambia la formula del proprio lavoro» continua Mattei. «Gli psicologi vanno online per esempio, e di recente abbiamo visto un aumento di piattaforme dedicate proprio a questo tipo di consulenza. Anche l’assistenza legale spesso è ormai a distanza e, per alcune categorie, lo sarà sempre di più, perché i nativi digitali hanno un approccio diverso al lavoro e difficilmente avranno bisogno di andare a trovare il proprio avvocato in un grande ufficio con le poltrone in pelle per sentirsi rassicurati sulla serietà professionale».
Grazie alle nuove tecnologie anche ingegneri, progettisti e architetti sono professioni facilmente adattabili alla modalità da remoto. Persino il medico in alcuni casi potrebbe decidere di traslocare. «La medicina telematica, in Italia ancora agli albori, in Inghilterra conta già molti consulenti da remoto. La tecnologia spezza l’unità luogo-lavoro e questo apre molte possibilità»