Il rinnovo del Ccnl per i dipendenti degli studi e delle attività professionali amplia e innova il sistema di welfare per dare risposte concrete ai bisogni del personale di studio, ma anche ai loro titolari. Nel nome di una razionalizzazione del sistema bilaterale e di una sua maggiore efficienza.
Con il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti degli studi e delle attività professionali sono state introdotte diverse e significative innovazioni anche nel campo del welfare, a cominciare dalla conferma della comune volontà delle Parti contraenti di continuare “un processo di rafforzamento e razionalizzazione del sistema bilaterale di settore in attuazione dei principi di efficienza, semplificazione, sostenibilità, trasparenza, sussidiarietà”.
Comune volontà che, in effetti, viene a riguardare un sistema di bilateralità sistematicamente costruito per rispondere, in una logica che rifugge la separazione e privilegia le sinergie fra le diverse istituzioni che ne sono protagoniste, a bisogni socialmente rilevanti a favore dei dipendenti degli studi e delle attività professionali ma anche dei titolari di tali attività, finalizzato al welfare contrattuale/collettivo già operante e ora ulteriormente migliorato sotto diversi aspetti.
Finanziamento di Cadiprof e Ebipro
In questo quadro, le innovazioni riguardano innanzitutto il finanziamento dei due enti bilaterali di settore: Cadiprof ed Ebipro. Il contributo unificato a favore di tali enti è, infatti, portato a 29 euro (prima era di 22 euro), di cui 2 a carico del lavoratore. La somma, confermata nell’ammontare pieno anche per i lavoratori ad orario ridotto, viene così suddivisa:
- 20 euro (aumento di 5 euro) destinati a Cadiprof;
- 9 euro (aumento di 2 euro) destinati a Ebipro di cui due euro a carico del lavoratore e 7 a carico del datore di lavoro.
Il versamento di questa contribuzione, come ora viene espressamente sottolineato, dà diritto alle prestazioni secondo quanto previsto dai rispettivi regolamenti.
In tale modo, viene fra l’altro confermato che, come è regola nelle forme di welfare privato, non trova applicazione il principio della automaticità delle prestazioni, ponendosi il versamento dei contributi come condizione necessaria del perfezionamento del diritto alle prestazioni.
Il riferimento ai “collaboratori” fra tutti “coloro che operano all’interno dello studio professionale” fa pensare a un ampliamento della cerchia dei possibili beneficiari rispetto alla normativa contrattuale previgente, che menzionava solamente i collaboratori coordinati continuati (peraltro, tuttora menzionati fra i destinatari delle forme di assistenza).
Welfare e Ccnl
Fa parte della storia delle forme di welfare, istituite da contratti collettivi, il tentativo di evitare l’applicazione delle clausole del contratto collettivo relative al finanziamento di enti bilaterali pur applicando, per il resto, il medesimo contratto. Il tentativo è stato anche sostenuto accreditando la tesi che le clausole di finanziamento fanno parte della parte obbligatoria del contratto collettivo, sostenendo quest’ultima riguarda le relazioni fra associazioni e non vincola i singoli datori di lavoro.
Sennonché, ove mai si voglia assumere tale prospettiva, comunque vale quanto sostenuto in giurisprudenza: “dalla complessiva volontà contrattuale espressa nel testo del Ccnl … si evince che l’efficacia obbligatoria della contrattazione collettiva riguarda esclusivamente gli adempimenti richiesti alle parti contraenti per giungere alla costituzione del fondo. … L’obbligo di provvedere alla contribuzione di finanziamento del fondo, invece, grava a carico di tutti i datori di lavoro che applichino di fatto la parte normativa-retributiva del Ccnl” (Tribunale di Verona, sentenza n. 243 del 19 aprile 2018). Sul tema è anche intervenuta la circolare del Ministero del lavoro n. 43/2010 che, al di là dell’esigenza di tutelare la libertà associativa di tipo negativa e, quindi della coercibilità o meno della previsione contrattuale che impegni ad aderire all’ente bilaterale, ha tenuto distinte le ipotesi in cui i contratti collettivi di lavoro legittimamente dispongono, a carico dei datori di lavoro che non aderiscono al sistema bilaterale di welfare, l’obbligatorietà di una erogazione economica a favore dei propri dipendenti.
Questo è proprio quanto stabilisce il nuovo Ccnl degli studi professionali, che riformula disposizioni presenti nel precedente testo contrattuale.
In caso di mancata adesione al sistema della bilateralità e di omesso versamento del relativo contributo, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere ai lavoratori penalizzati da tale scelta un importo, di natura retributiva, di 43 euro per 14 mensilità oltre a dover farsi carico del costo della prestazione acquisita altrove dal lavoratore nel limite del valore della prestazione che lo stesso avrebbe avuto diritto a percepire ove il datore di lavoro avesse aderito al sistema di bilateralità. Previsioni, queste del contratto collettivo, da cui non ci può liberare invocando l’appartenenza delle stesse alla parte obbligatoria, trattandosi di previsioni direttamente riguardanti il rapporto datore di lavoro/lavoratori.
Coperture sanitarie anche per familiari
Nella prospettiva della espansione del welfare sono, infine, da considerare l’indicazione circa l’estensione delle coperture sanitarie anche ai familiari. Ugualmente significativa, e tale da confermare la completezza delle forme di welfare approntate, è l’attrazione del Fondo di solidarietà per le attività professionali (decreto interministeriale 27 dicembre 2019, n. 104125), nel testo contrattuale che ne fa menzione come il Fondo in grado di “garantire ai lavoratori del settore tutele in costanza di rapporto di lavoro” e, quindi, di presenziare la vasta e delicata area degli ammortizzatori sociali.