Tre persone su quattro soffrono di stress a causa del lavoro, il 23% dei dipendenti si è messo in malattia per problemi di salute mentale e il 44% vuole lasciare la propria occupazione. Il malessere psicologico pesa per circa 3,5 punti del Pil, ma in Italia la spesa sanitaria dedicata alla salute mentale è tra le più basse in Europa. Adesso una proposta di legge nazionale prova a mettere ordine nei servizi di psicologia di assistenza primaria. E le più autorevoli associazioni di categoria scendono in campo.
Il diritto all’assistenza psicologica, al fine di garantire la salute e il benessere psicologico individuale e collettivo, in attuazione dell’articolo 32 e nel rispetto dei princìpi stabiliti dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, è ormai da tempo idealmente riconosciuto, oltre che dall’intera popolazione italiana, unanimemente da tutto l’arco politico nazionale.
La consapevolezza che tale diritto debba realmente e urgentemente essere garantito in modo stabile e strutturato è continuamente alimentata dagli esiti di numerosi studi, su scala nazionale e mondiale, che indicano un incremento progressivo di disagio psichico.
Secondo il Rapporto sulla Salute mentale 2024 di Axa (Mind Health Report Axa 2024) il 32% della popolazione mondiale vive con patologie mentali; tre persone su quattro soffrono di stanchezza, difficoltà a dormire o stress a causa del lavoro; quasi il 23% dei dipendenti ha preso un congedo per malattia a causa di problemi di salute mentale negli ultimi 12 mesi. Una persona su tre ha problemi di salute psicologica, dato in aumento valutato che nel 2021 il malessere psichico riguardava una persona su quattro.
Da un’indagine del 2022/2023 dell’Osservatorio Sanità e UniSalute emerge poi che il 27% degli italiani soffre d’ansia e il 32% di tensione e nervosismo, percentuali che salgono, rispettivamente, al 34% e 40% tra i giovani under 30.
E ancora l’indagine Ipsos promossa dal gruppo Axa in 16 Paesi, indica come l’Italia, al pari del Giappone, mostra la più bassa percentuale di persone che avvertono uno stato di pieno benessere mentale (18%). Il campione di popolazione italiana coinvolta nello studio segnala per il 56% vissuti di stress e per il 48% di solitudine. Inoltre, il 43% attribuisce al cambiamento climatico gli effetti caratterizzati dal malessere psicologico. E proprio a causa del malessere psicologico, il 62% degli italiani pianifica di dedicare meno energie al lavoro mentre il 44% vuole lasciare la propria attuale occupazione. Risultato? Il minor coinvolgimento delle persone con disagio psicologico sul lavoro pesa per circa 3,5 punti del Pil.
Le suddette evidenze, oltre a sollecitare l’obbligo etico di garantire la salute e il benessere psicologico individuale e collettivo, suggeriscono l’urgenza di mettere a regime azioni, in tal senso mirate, necessarie alla tenuta economica del nostro Paese.
Fanalino di coda
L’Italia si colloca fra gli ultimi posti in Europa per quota di spesa sanitaria dedicata alla salute mentale, con interventi quasi esclusivamente di secondo livello, destinandovi circa il 3,4% (4 miliardi di euro) della spesa sanitaria complessiva, diversamente dai principali Paesi ad alto reddito che ne dedicano più del 10%.
Sono dunque carenti i servizi di secondo livello, sia psicologici che psichiatrici: basti pensare che cinque milioni di italiani (Istituto Piepoli 2023) dichiarano di aver cercato aiuto psicologico nei servizi sanitari e di non averlo trovato. I risultati del Progetto MORe, Mental health Optimization of Resources, realizzato da Deloitte Consulting e Janssen Italia indicano la necessità di incrementare gli investimenti di almeno 1,9 miliardi di euro in futuro rispetto allo stato attuale per riuscire a colmare il gap di risorse in risposta solo ad alcune criticità identificate (personale, campagne di sensibilizzazione, corsi di formazione, spesa per trattamenti farmacologici e non, strutture dedicate, digital health).
Siamo tutti d’accordo sulla necessità di un significativo incremento dell’impegno di spesa destinato alla cura delle patologie mentali, allo stesso tempo evidenziamo l’importanza di investimenti anche nelle aree di prevenzione e d’intervento precoce (assistenza primaria).
Un ottimo investimento
Intervenire precocemente nel riconoscimento e nel trattamento dello psychological distress, che è uno dei principali fattori di rischio per le malattie mentali e fisiche, come le cardiovascolari, muscolo scheletriche, gastrointestinali e metaboliche, infatti, valutate le risorse economiche necessarie a fronteggiarne le ricadute sulla persona e sull’intera comunità, significherebbe un risparmio di circa tre euro a fronte di un euro impegnato per la prevenzione primaria. A ciò si aggiungerebbe il vantaggio economico determinato dall’alta e stabile produttività in ambito lavorativo, garantita dal benessere individuale e di conseguenza organizzativo. In altri termini i fondi spesi in psicologia costituiscono un ottimo investimento per lo sviluppo sostenibile, in quanto si ripagano da soli e producono risparmi significativi, come dimostrano ormai numerosi studi di economia.
Ma la psicologia di primo livello, cioè di assistenza primaria, quella mirata alla prevenzione e alla promozione della salute per lo sviluppo dell’empowerment individuale e di comunità (World Health Organization 1998), che riguarda diversi milioni di persone, era sino a ieri del tutto assente.
Infatti, seppur con l’avvicendamento di proposte di legge in materia già da almeno il 2010, è recente l’approvazione delle prime leggi regionali che garantiscono tale diritto nell’ambito dell’assistenza psicologica di primo livello.
Il diritto alla salute
Da molti anni, a tutti i livelli, è idealmente riconosciuta la necessità di intercettare e trattare il disagio psichico precocemente, ma, come sempre accade, solo quando un bisogno sociale diventa un bisogno emergente e diffusamente palese la politica se ne fa portatrice e prova a più riprese a dare una risposta cercando di normarlo.
In questo caso specifico il bisogno, già presente, ha subito una brusca accelerata a fronte della pandemia, che ha in qualche modo puntato i riflettori non solo sui drammatici effetti sulla salute fisica ma anche su quelli di natura psicologica. Pertanto i numerosi tentativi di normazione falliti nel tempo iniziano solo oggi ad andare a compimento.
Ma con quali diverse modalità? Prima di addentrarci nella descrizione dell’attuale stato dell’arte, è utile offrire alcune riflessioni.
Se il bisogno dei cittadini di rivolgersi allo psicologo diventa sempre più riconosciuto e dichiarato sotto forma di “diritto” alla salute psicologica al pari di quella fisica, possiamo dunque farlo rientrare nell’art. 32 della Costituzione, la direzione dovrebbe essere quella di riconoscere la titolarità allo psicologo di accertare il bisogno psicologico di cui il cittadino è portatore e stabilire se e a quale genere di trattamento debba accedere.
Così come il medico di medicina generale (mmg) e il pediatra di libera scelta (pls) accertano se nel paziente vi sia una patologia a fronte del sintomo riferito, prescrivendo eventuali indagini cliniche e/o inviando il paziente a colleghi specialisti, stessa cosa dovrebbe avvenire con il paziente che lamenta sintomi di ordine psicologico, seguendo un simile iter: valutazione/diagnosi ed eventuale invio da uno specialista psicologo o psichiatra dei servizi di secondo livello.
Il mmg, il pls e lo psicologo di assistenza primaria (pap) dovrebbero dunque essere figure di riferimento paritarie e strettamente connesse, i cui servizi sono garantiti al cittadino dallo Stato.
Ancora, nell’ottica espressa anche nel Pnrr quando si parla delle Case di Comunità, il cittadino dovrebbe essere preso in carico nella totalità dei suoi bisogni, di natura fisica (dal medico, dal pediatra e dall’infermiere), psicologica (dallo psicologo e dallo psichiatra), sociale (dall’assistente sociale e dall’educatore), tutte figure paritarie ed ugualmente importanti a garantire la salute nelle sue molteplici dimensioni.
Norme a geometria variabile
Le norme che si sono avvicendate nel tempo non sempre appaiono perseguire tali obiettivi. Un primo punto riguarda il fatto che sia la salute dei cittadini che la formazione dei futuri psicologi di assistenza primaria sono materie “concorrenti” tra Stato e Regioni. Se il bisogno è evidentemente nazionale (e dunque materia dello Stato) è pur vero che in assenza di una regolamentazione a tale livello le Regioni si sono sentite in dovere e anche in diritto di dare una risposta sul territorio di loro competenza. Tale risposta è stata più volte impugnata dallo Stato fino a quando un tribunale ha riconosciuto le istanze della Regione Campania, aprendo di fatto la strada a tutte le altre regioni.
Un altro punto riguarda la dolente nota dei finanziamenti, quand’anche queste leggi regionali siano state approvate i finanziamenti stanziati sono decisamente esigui rispetto ai bisogni reali.
Un terzo punto riguarda la questione della territorialità, se alcune Regioni hanno infatti colto l’indicazione del Pnrr e dunque immaginato lo psicologo nelle le case della salute, realizzando l’accoglienza dei bisogni a tutto tondo, altre hanno invece previsto l’inserimento dello psicologo nelle Asl, con un’idea dunque molto diversa e maggiormente “medicalizzata” dei bisogni di natura psicologica.
Un quarto punto, strettamente collegato al precedente, riguarda il fatto che in alcune delle norme regionali approvate viene espresso chiaramente che il primo contatto del cittadino debba essere con il medico che deciderà, esclusivamente sulla base di una valutazione differenziale (SIC!), se inviarlo o meno allo psicologo.
Tutto ciò costituisce, per molti versi, un passo indietro nel tempo per fronteggiare il malessere psicologico. Involuzione scongiurata persino dal tanto discusso “bonus psicologico”.
Osserviamo ora, nello specifico, il variegato stato dell’arte delle leggi che istituiscono i servizi di psicologia di assistenza primaria nelle diverse regioni italiane:
Regione | Legge | Finanziamento | Collogazione servizio | Tipo di accesso per il cittadino |
Val d’Aosta | nessuna proposta | |||
Lombardia | l.r. 1/24 | 36 mln 2024-2026 | ASST , Case di Comunità, domicilio, online | diretto |
Piemonte | pdl 183/XI sperimentazione nel 2023 | 1,8 mln per l’anno 2023 | Case di Comunità | impegnativa MMG |
Trento | ddl 1-13/XVII in discussione | |||
Bolzano | nessuna proposta | |||
Veneto | Pdl 241/XI | |||
Friuli Venezia Giulia | Mozione n. 306/22 | |||
Liguria | l.r. 20/23 art.76 | 500.000 per l’anno 2024 e1mln per ciascuno degli anni 2025 e 2026 | ASL | diretto |
Toscana | l.r. 39/22 | 330.000,00 per l’anno 2024 | ASL, Case di Comunità | da definire |
Emilia Romagna | pdl 1767/XI | |||
Lazio | pdl 138/XI | |||
Marche | nessuna proposta | |||
Molise | pdl 31/XII | |||
Abruzzo | l.r. 28/22 | 1,2 mln triennio 2022/24 | ASL | con prescrizione del medico |
Basilicata | nessuna proposta | |||
Puglia | l.r. 11/23 | 1.950.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024; 1,5 mln per l’anno 2025 | ASL | diretto |
Campania | l.r. 35/20 | 600.000 nel 2022; 32,5 mln 2023/25 | ASL | diretto |
Calabria | pdl 51/XII | |||
Sardegna | Pdl 362/XVI | |||
Sicilia | l.r. 18/23 | 7,4 milioni dall’anno 2024 | ASP | da definire |
Dopo questa carrellata, salta immediatamente agli occhi la variabilità degli intendimenti regionali in quanto ai punti presi in esame.
La speranza è che tutte queste proposte e leggi regionali vengano rapidamente superate da una norma nazionale che, originata dal testo unificato adottato come testo base dalla commissione Affari Sociali della Camera nel mese di novembre 2023 “Istituzione del Servizio di Psicologia di assistenza primaria nell’ambito del servizio sanitario nazionale”, possa garantire uniformità di trattamenti, contratti e formazione.
Le prospettive della legge
Il Sindacato nazionale PLP Psicologi Liberi Professionisti, aderente a Confprofessioni, in collaborazione con le Associazioni di Categoria AP – Altra Psicologia; FIP Federazione Italiana Psicologi e P&S – Professione e Solidarietà, valutate anche le indicazioni stabilite dal Tavolo tecnico presieduto dal CNOP – Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, intende accompagnare e monitorare l’iter della legge nazionale, contribuendo, in qualità di parte sociale, alla determinazione della massima efficacia della stessa, prioritariamente rispetto ai seguenti punti.
Inquadramento della nuova figura professionale. Lo Psicologo di assistenza primaria dovrà possedere una propria identità professionale, distinguendosi dalle attuali categorizzazioni, quali il dirigente psicologo, proprio dei servizi di secondo livello del Ssn, o lo psicologo ambulatoriale, che comunque, nei diversi ambiti eroga servizi ad un livello specialistico. A tal riguardo valutiamo necessaria la sottoscrizione di un apposito Contratto collettivo nazionale di lavoro o meglio di un Accordo collettivo nazionale dedicato.
Modalità d’accesso, per cittadine e cittadini, al servizio di psicologia di assistenza primaria. Servirà un’attenzione particolare alla facilità/immediatezza di accesso al servizio, anche per ragioni economiche. Ogni cittadino dovrà potersi rivolgere direttamente allo psicologo. L’invio da parte del medico potrà essere effettuato, come anche oggi accade, nel caso in cui il paziente, presentando sintomi di diversa natura, contatterà inizialmente il mmg. Inoltre, l’accesso non dovrà essere esclusivamente riservato alle fasce di reddito molto basse, come oggi accade con il “Bonus Psicologo”, negando l’universalità del diritto alle prestazioni garantito dalla legge 833/78.
Formazione degli psicologi. Il corso abilitante alla professione di psicologo dell’assistenza primaria, che dovrà essere regolamentato sulla base di un accordo da stipulare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dovrà prevedere, come per la formazione dei mmg, la copertura di borse di lavoro per i partecipanti.
Adeguatezza dei finanziamenti. Alla luce di quanto espresso, e delle buone intenzioni esplicitate nel Testo unico, al fine di non determinare vane illusioni nei cittadini, frustrando ulteriormente il loro bisogno di salute psichica, ci si auspica, a tal riguardo, un impegno di spesa progressivo che, negli anni, arrivi a garantire a tutte e tutti il diritto ad un’adeguata assistenza sanitaria centrata, con visione sistemica, sulla persona costituita da diverse dimensioni e non solo da quella biologica.