Il 25 ottobre scorso l’Aula della Camera ha dato il via libera al disegno di legge di delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche. Il decreto ha incassato dall’Aula 163 sì, nessun voto contrario e 93 astenuti. Il ministro delle Imprese e del Made Italy, Adolfo Urso lo ha definito come «una grande riforma per sostenere le imprese e facilitare la loro attività» con un nuovo impianto che «valorizzerà la certezza dell’orizzonte temporale e la pluriennalità delle misure, la misurabilità del loro impatto, il coordinamento con gli altri strumenti, la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure nell’ambito di un univoco Registro nazionale degli aiuti di Stato». Urso ha evidenziato come la ricognizione e la razionalizzazione delle misure di incentivazione esistenti «permetterà di disboscare l’attuale giungla di agevolazioni, un vero ginepraio che troppo spesso complica la vita delle imprese, in particolar modo quelle piccole e medie o quelle straniere che vogliono investire in Italia, limitando al contempo l’efficacia delle misure sul sistema produttivo».
Tra le novità più attese del decreto c’è quella relativa alla parità di accesso agli incentivi per i professionisti che, come spiegato dallo stesso Urso «grazie a un emendamento riformulato dal Governo ne ha previsto l’equiparazione alle imprese nell’ammissione alle misure». Un provvedimento che appare strategico per l’interesse nazionale e che ha visto in prima linea il sottosegretario di Stato al Ministero delle imprese e del made in Italy, Massimo Bitonci che ha fortemente voluto l’equiparazione tra imprese e professionisti, volontà sostenuta tramite un fondamentale emendamento presentato dalla Lega e che ha raccolto il favore dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
Il sottosegretario al Mimit ha salutato con favore l’approvazione a largo consenso espressa dall’Aula della Camera che, dice Bitonci: «rappresenta un risultato storico per le imprese e l’intero comparto imprenditoriale. Da oggi in poi, potremo contare su una politica industriale forte e pronta ad affrontare le sfide future in chiave transizione 5.0. Con l’equiparazione dei professionisti alle imprese, per l’accesso alle misure, la ricognizione sistematica delle misure, ricerca e sviluppo, digitalizzazione, transizione energetica, occupazione, formazione 5.0, accesso al credito, rafforzamento patrimoniale e delle filiere produttive, un portale unico nazionale, coordinamento con le regioni, valorizzazione del lavoro femminile si rendono strutturali principi e criteri che guardano al futuro, alle nuove tecnologie e all’intelligenza artificiale».
È finita la stagione degli incentivi a pioggia?
Il decreto va a riordinare e semplificare il sistema degli incentivi alle imprese e ai professionisti, rendendoli strutturali. Basta a bonus temporanei che non danno certezza agli investimenti delle nostre aziende e dei nostri professionisti. Abbiamo previsto la creazione di un codice degli incentivi, che armonizza la disciplina vigente e rende più semplice la fruizione delle agevolazioni. Importante anche la previsione del superamento del click day, modalità che finora ha dimostrato falle.
Può fornirci qualche dato sugli incentivi ad oggi erogati?
I numeri del monitoraggio, prima del nostro intervento, contavano quasi 2 mila incentivi e un ammontare complessivo di agevolazioni pari a 146 miliardi di euro, nel solo 2021. Una vera e propria selva che limitava l’efficacia degli interventi e frenava le nostre Pmi nell’accesso alle misure.
Quali sono gli obiettivi principali del decreto incentivi?
Puntiamo a una maggiore coesione sociale, economica e territoriale, attraverso il sostegno a: ricerca e sviluppo, digitalizzazione, formazione, imprenditoria femminile, rafforzamento patrimoniale, aggregazione e transizione ecologica.
In che modo il decreto andrà a cadere sull’economia del sistema Paese?
Il provvedimento riveste una valenza strategica per il futuro dell’Italia, perché offre al sistema produttivo gli strumenti necessari per ritornare a essere competitivo e forte nel mercato nazionale e internazionale. Abbiamo puntato a una politica industriale strutturale che genererà crescita sociale ed economica. La razionalizzazione e la semplificazione degli interventi incentivanti ridurranno i tempi e i costi delle richieste che verranno presentate dalle nostre imprese.
Il decreto incentivi introduce un principio importante che equipara le imprese ai professionisti ai fini dell’accesso alle agevolazioni. Sarà sufficiente per mettere fine alle disparità tra le categorie economiche?
Ho fortemente voluto questa misura che, finalmente, apre l’accesso degli incentivi ai professionisti, possibilità che sino ad oggi era pressoché preclusa a questi ultimi. Quindi, se da un lato ci troviamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione per il nostro Paese, dall’altro dobbiamo considerarlo un passaggio doveroso che recepisce un principio unanimemente condiviso secondo cui per impresa deve intendersi qualsiasi entità che svolge un’attività economica a prescindere da forma e organizzazione. Ricordo che nessuno prima d’ora era riuscito ad inserire un principio generale o criteri direttivi così importanti. Chi ora critica dimentica con troppa facilità il passato e che grazie alla riformulazione che ho proposto c’è stato l’ok dal Ministro Giancarlo Giorgetti.
In che modo in un contesto di crisi come quello attuale si potranno mantenere regimi di incentivi per le imprese italiane?
Sulle risorse che potranno essere destinate, il Governo ha aperto un confronto con la Commissione europea per ottenere il via libera all’utilizzo di stanziamenti che provengono dalla revisione dei capitoli di bilancio del Pnrr e del RepowerEu. È stata rifinanziata la Nuova Sabatini e i contratti di sviluppo. Abbiamo stoppato misure come il Superbonus 110%, costato finora ben 140 miliardi di euro e che vincolerà misure anticicliche per 20 miliardi di euro nei prossimi tre anni. La crisi economica, con il rialzo dei tassi, la contrazione del credito, l’inflazione, i rincari sui costi di energie e materie prime ha fortemente limitato la legge di Bilancio. Stiamo inoltre lavorando alla riforma del Fondo di Garanzia Pmi e alla riforma Confidi, per continuare a garantire il sostegno alle imprese per 220 miliardi di euro.