Affamati di spreco

Ammonta a circa un terzo la fetta di cibo prodotto nel mondo e non consumato perché perso o sciupato nelle varie fasi della filiera agroalimentare con un notevole impatto ambientale. L’Obiettivo delle Nazioni Unite è quello di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030. Un target condiviso dall’Ue e dall’Italia. Diverse le iniziative e i piani varati per favorire il raggiungimento del target. , Anche con l’aiuto della tecnologia.

A oggi, circa un terzo del cibo prodotto non viene effettivamente consumato, perché viene perso o sprecato nelle diverse fasi della filiera agroalimentare (FAO, 2019; UNEP, 2021). Questo fenomeno rappresenta una notevole inefficienza della filiera (Porter et al., 2018) con un impatto notevole dal punto di vista ambientale, ma anche sotto il profilo sociale ed economico.

In termini ambientali, lo spreco di cibo lungo tutta la filiera corrisponde a una pressione inutile sulle risorse naturali, impattando sul consumo delle risorse idriche, sulla generazione di emissioni inquinanti e sulla gestione dei rifiuti. Basti dire che, a livello globale, i processi di produzione del cibo generano il 26% delle emissioni climalteranti (Poore & Nemecek, 2018), concentrate per lo più nella fase di produzione primaria. Più nel dettaglio possiamo dire che  il 31% di esse proviene da allevamenti e dall’acquacoltura; il 27% dai processi di coltivazione, il 24% dal consumo del suolo e  solo il 18% è generato nelle fasi successive della filiera agroalimentare. Come se non bastasse, c’è un altro dato su cui riflettere: il 14% del cibo prodotto non raggiunge neanche la fase distributiva e viene perso durante il processo di lavorazione agricolo o di trasformazione (FAO, 2019). In aggiunta, il 19% del cibo che invece raggiunge la distribuzione, viene sprecato o durante questa stessa fase o durante il consumo, in casa e fuori casa (UNEP, 2021Secondo il Rapporto Food Waste Index 2021 (UNEP, 2021). E non si parla di briciole visto che il cibo sprecato nelle fasi di distribuzione e consumo ammonta a 931 milioni di tonnellate l’anno con un conseguente peso sull’inquinamento. Secondo le stime, infatti, il 6% del totale delle emissioni climalteranti generate nel mondo, sono causate dalla  produzione di cibo che viene poi perso lungo la filiera, senza essere effettivamente consumato (Poore & Nemecek, 2018).

Perché limitare gli sprechi

In termini sociali, lo spreco alimentare è considerato un problema legato alla food security (sicurezza alimentare), per via del paradosso esistente tra un così grande spreco di cibo e la difficoltà di accesso al cibo da parte di molte persone e non solo nei Paesi in via di sviluppo. Nel 2022, secondo i dati Eurostat, l’8,3% dei cittadini dell’Unione Europea si trovava in condizione di povertà alimentare, non potendo permettersi un pasto a base proteica ogni due giorni. La popolazione mondiale dovrebbe avvicinarsi ai 10 miliardi di persone entro il 2050. Anche per questo si richiede ai sistemi agricoli e agroalimentari di essere più efficienti e produttivi (Godfray et al., 2013) per produrre sufficiente cibo per tutti. In questo contesto, limitare gli sprechi diventa fondamentale per aumentare la quantità di prodotti alimentari disponibili, senza impattare in misura ancora maggiore sulle risorse naturali.

Dal punto di vista economico invece, si stima che le perdite siano di circa 940 milioni di dollari l’anno (FAO, 2013) considerando complessivamente tutti i livelli della filiera agroalimentare.

Anche per via di questi impatti così rilevanti, ridurre gli sprechi alimentari entro il 2030 è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile definito dalle Nazioni Unite (in particolare, dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030; SDG 12.3) e condiviso da 193 paesi.

Secondo la letteratura scientifica, si parla di food loss, quando gli alimenti vengono scartati nelle fasi iniziali della filiera, ovvero partendo dalla fase di produzione agricola, post raccolta, stoccaggio fino a quella di trasformazione; si usa invece il termine di food waste, quando gli alimenti vengono buttati nella parte finale della filiera: fase di consumo umano, distribuzione, ristorazione e consumo casalingo. Tuttavia, l’Unione Europea definisce food waste ogni tipo di alimento rimosso dalla filiera, in qualsiasi fase dalla raccolta fino al consumo.

Expired Organic bio waste. Mix Vegetables and fruits in a huge container, in a rubbish bin. Heap of Compost from vegetables or food for animals.

Italia campione di sprechi

Basandosi su questa definizione, e su una metodologia comune a tutti gli stati membri che è stata approvata nel 2019 (Delegated decision 2019/1597), si calcola che si generino 131 kg di cibo sprecato ogni anno, per ogni cittadino dell’Unione, dato che se riferito all’Italia aumenta a 146 kg all’anno, per abitante (Eurostat, 2023). A livello europeo, il 53% di questi sprechi si genera nella fase di consumo casalingo (Eurostat, 2023), laddove gli alimenti più sprecati sono verdure, frutta, latte e derivati, pane. Le cause sono da attribuire al fatto che sono andati a male, o che sono stati acquistati in quantità eccessive o ne sono stati cucinati troppi (Giordano et al., 2019). A questa percentuale va aggiunto un 9% di sprechi prodotti nella ristorazione (Eurostat, 2023), sia privata che collettiva; in questo caso, le cause dello spreco vanno attribuite al cibo lasciato dai clienti nei piatti, alla quantità di cibo pronto e non servito, all’impossibilità di prevedere in maniera accurata il numero di clienti o a problemi di gestione del servizio (in particolare nei buffet) (Sakaguchi et al., 2018). Il 7% degli sprechi si verifica invece nella fase di distribuzione (Eurostat, 2023), a causa di danneggiamenti durante il trasporto, rotture del packaging, avvicinarsi alla data di scadenza o errate previsioni di vendita (Cicatiello et al., 2017). Andando più indietro nella filiera, vediamo che 30% degli sprechi totali si verifica durante la produzione e la trasformazione (Eurostat, 2023). In questa fase, oltre le cause legate alla logistica, una percentuale importante di perdita è dovuta all’utilizzo di pratiche commerciali scorrette o alla richiesta di standard sempre più esigenti da parte della Grande Distribuzione Organizzata (de Hooge et al., 2018; Pietrangeli et al., 2023) che causa lo scarto di prodotti perfettamente salubri e consumabili.

Piani e strategie antispreco

A livello europeo e nazionale, molte sono le politiche che mirano alla riduzione degli sprechi alimentari. All’interno del più ampio quadro del Green Deal, dal 2020 è operativa la strategia europea Farm to Fork, un piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Per la prima volta, e a differenza della Politica Agricola Comune (PAC), la strategia Farm-to-Fork coinvolge l’intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando per la distribuzione. La riduzione degli sprechi alimentari ha un ruolo importante nella strategia, e ne rappresenta uno dei quattro pilastri.

Uno degli strumenti più interessanti, inclusi nella legislazione europea e di sicura utilità per la lotta agli sprechi alimentari è la gerarchia delle azioni antispreco. Tale gerarchia è rappresentata come una piramide rovesciata e ha lo scopo di stabilire una priorità tra le varie azioni da intraprendere (Figura 1). Anche se la versione originale della gerarchia è stata sviluppata per i rifiuti in generale, essa è stata utilmente adattata al caso degli sprechi alimentari ad esempio da Papargyropoulou et al. (2014).

Al primo posto nella gerarchia troviamo le azioni che riguardano la prevenzione: ovvero le azioni che favoriscono e che prevengono la formazione di eccedenze alimentari e scarto (nell’ambito del food loss). A seguire, vi sono le azioni che valorizzano i prodotti che non più commerciabili per vari motivi, ovvero per essere donati in beneficenza; se ciò non fosse possibile andrebbero utilizzati per altri scopi, come quello dell’alimentazione animale. Infine, vi sono le azioni di riciclo e/o ri-trasformazione degli scarti in altre filiere alimentari e alternative. Per gestire il fenomeno dello spreco di cibo, le innovazioni sono fondamentali diverse in ogni fase della filiera. In letteratura, si riscontra poi un interesse crescente per la valorizzazione degli scarti provenienti dalla fase di raccolta e post raccolta delle parti strutturali di frutta e verdura (foglie, bucce, polpe, semi, radici e steli) che sono ricchi di prodotti di crescente interesse per le loro applicazioni in diversi settori (Marmol et al., 2021). Inoltre, il recupero degli scarti di frutta e verdura può essere usato per produrre biocarburante; motivo per cui vi è un interesse per le innovazioni che riguardano la gestione e il recupero dei rifiuti alimentari.

Tilburg, Netherlands – 05.18.221: Box of almost expired food – vegetables and fruits saved from waste with Too Good To Go app. Zero waste grocery shopping via app fighting with throwing out food.

Una mano dall’innovazione

Molti progetti finanziati da programmi europei (e non solo) cercano di favorire strategie e pratiche antispreco attraverso le innovazioni, che possono essere sociali o tecnologiche. Un esempio è il progetto LOWINFOOD[1] (finanziato dal programma H2020) che è coordinato dall’Università della Tuscia in un consorzio di 27 partner, con lo scopo di testare l’efficacia di diverse innovazioni che prevengono o riducono gli sprechi di cibo lungo la filiera agroalimentare in casi studio di filiera reali[2]. Alcuni esempi di innovazioni tecnologiche che si stanno testando in questo progetto sono di tipo tecnologico che utilizzano software e intelligenza artificiale. Nelle prime fasi della filiera, la Regione Emilia-Romagna ha sviluppato un software che mette in contatto Organizzazioni di Produttori e gli enti benefici in modo da per poter gestire le eccedenze alimentari ritirate dal mercato ricevendole in dono. In questo senso, altre start-up non incluse nel progetto sono già una realtà effettiva, come la raccolta di eccedenze da parte della start-up tedesca Holiroots[3], che produce crackers colorati riutilizzando gli scarti di frutta e verdura scartati perché troppo grandi troppo piccoli o troppo brutti. In questo modo, si possono valorizzare quei prodotti che altrimenti andrebbero gettati, e che invece vengono acquistati, trasformati e rivenduti sul mercato.

Spostandoci più avanti nella filiera, un esempio di innovazione che utilizza l’intelligenza artificiale è si sta testando nel progetto LOWINFOOD, cerca di prevedere le vendite in supermercati e ristoranti, con lo scopo di ridurre e calibrare gli ordini della merce e del cibo prodotto. In questo modo all’operatore vengono date delle indicazioni che permettono di diminuire la sovrastima di ordini o la sovrapproduzione di pasti da preparare, e che si traduce in una minor quantità di cibo sprecato e soldi persi. I software utilizzano i dati storici delle aziende, in modo da “allenarsi” con flussi e trend di vendite. Quando si passa alla fase di implementazione, vengono presi in considerazioni altri fattori (previsioni climatiche, dati meteo, giorni della settimana, flussi di traffico ecc..) che restituiscono una previsione del flusso dei clienti su base giornaliera.

Anche nelle fasi si consumo della filiera agroalimentare, molte innovazioni stanno prendendo piede, soprattutto quelle utilizzate da smartphone con lo scopo di educare e aiutare le famiglie ad attuare buone pratiche quotidiane, che quindi riducono la quantità di spreco (Giordano et al., 2020). Un esempio è l’applicazione Too Good To Go[4], che permette a ristoranti e negozi alimentari di rivendere il cibo prodotto, ma non consumato e non venduto a fine giornata lavorativa.

Esistono infine innovazioni sociali, che favoriscono il dialogo diversi stakeholders a più livelli, in modo da coordinare le azioni di linee guida o strategie comuni. Sempre nel progetto LOWINFOOD, queste innovazioni sono state applicate nella filiera del pane nei piccoli panifici artigiani e nel settore della pesca, per cercare di ridurre gli scarti.

Molte sono quindi le innovazioni che si stanno sviluppando, con lo scopo di prevenire, ridurre e trasformare gli sprechi di cibo. Ogni attore della filiera deve contribuire e fare la sua parte per affrontare un problema di così ampio respiro, inclusa la ricerca che può contribuire a far crescere le innovazioni ampliando le conoscenze sul tema degli sprechi e monitorando gli effetti delle diverse azioni che vengono intraprese.

 

[1] www.lowinfood.eu; @lowinfood su Linkedin, Facebook, Twitter e Instagram.

[2] Sul sito del progetto LOWINFOOD, www.lowinfood.eu, è presente una sezione “Resources” dove sono disponibili dei brevi video esplicativi di tutte le innovazioni antispreco che il progetto sta testando.

[3] https://www.holiroots.com/

[4] https://www.toogoodtogo.com/it

spot_imgspot_img

Ultimi articoli

Ma c’è sempre fame di Made in Italy

Una dote finanziaria di circa 8 miliardi di euro....

La dieta mediterranea non abita più qui

Globalizzazione, cambiamento dello stile di vita, inflazione. Queste le...

Arriva l’allenatore

Sono sempre più numerosi gli studi professionali che ricorrono...

Un’agenda europea delle professioni

Nonostante una campagna elettorale concentrata su altre priorità, quale...

Newsletter

spot_img

Da non perdere

Ma c’è sempre fame di Made in Italy

Una dote finanziaria di circa 8 miliardi di euro....

La dieta mediterranea non abita più qui

Globalizzazione, cambiamento dello stile di vita, inflazione. Queste le...

Arriva l’allenatore

Sono sempre più numerosi gli studi professionali che ricorrono...

Un’agenda europea delle professioni

Nonostante una campagna elettorale concentrata su altre priorità, quale...

L’età matura del lavoro agile

La disciplina dettata dal rinnovo del Ccnl degli studi...
spot_img
Clara Cicatiello
Clara Cicatiello
Ricercatrice a tempo determinato in Economia Agraria presso l'Università della Tuscia (dipartimento DIBAF) dal 2022.

Ma c’è sempre fame di Made in Italy

Una dote finanziaria di circa 8 miliardi di euro. Il pressing sull’Unione europea per tutelare i prodotti italiani. I primi passi verso una nuova...

La dieta mediterranea non abita più qui

Globalizzazione, cambiamento dello stile di vita, inflazione. Queste le cause che spingono sempre più italiani ad allontanarsi da una alimentazione sana. Con conseguenze gravi...

Arriva l’allenatore

Sono sempre più numerosi gli studi professionali che ricorrono a percorsi di coaching per migliorare lo spirito di squadra, il lavoro di gruppo, la...