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Produco, consumo e scambio

Piccole (ma sempre più grandi) Comunità energetiche crescono. Muovono finanziamenti, creano occupazione, e rappresentano una grande opportunità di lavoro per i professionisti (quelli tecnici in particolare) chiamati a progettarle, installarle e poi mantenerle. Partite in sordina e solo in piccoli comuni italiani, le Comunità energetiche rinnovabili (CER) sono al trampolino di lancio. È solo una questione di tempo. Un po’ perché ci sono nuove risorse per farle funzionare, e molto perché rappresentano una necessità contro il caro bollette e il contrasto alla povertà energetica. Oltre all’aspetto ambientale-politico: con le CER si riducono le emissioni climalteranti e l’Italia avvierebbe la sua strada verso l’indipendenza energetica.

Ma di cosa si tratta nel dettaglio? Le CER sono libere associazioni tra cittadini, pubblica amministrazione, piccole e medie imprese o attività commerciali che decidono di unirsi con l’obiettivo di produrre, consumare e scambiare energia rinnovabile a livello locale. È la sfida del momento se si considera che il Green New Deal chiede all’Europa di ridurre complessivamente le emissioni climalteranti del 40% entro il 2030, per giungere alla carbon neutrality entro il 2050, rendendo sostenibile l’economia dell’Ue.

La normativa delle CER

Il debutto ufficiale delle CER in Italia è arrivato con il Decreto Milleproroghe per il 2020 che ha riconosciuto formalmente le nuove forme di scambio di energia basate sulla collaborazione tra prosumer (produttori che auto-consumano la loro energia) e semplici consumatori, un nuovo concetto di cui le comunità energetiche rinnovabili sono lo strumento più inclusivo.

Successivamente con il decreto legislativo 199/2021 è arrivata una decisa accelerata al percorso di crescita sostenibile, con un incremento del 60% della copertura da fonti rinnovabili dei consumi energetici di edifici nuovi o soggetti a ristrutturazioni rilevanti, e la modifica nella dimensione degli impianti (da 200 kW massimo a 1 MW per ogni singolo impianto).

Al mosaico normativo manca però una tessera fondamentale, quella del decreto attuativo del Dlgs 199/21. Un provvedimento ormai in dirittura d’arrivo che, secondo le bozze degli ultimi mesi conterrà anche una misura di supporto economico pari a 2,2 miliardi di euro per le CER costituite nei comuni con meno di 5 mila abitanti. I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, come il fotovoltaico, l’eolico e l’idroelettrico. Tre fasce di incentivi invece per quanto riguarda la tariffa che sarà applicata e che diventerà variabile: attualmente, le comunità energetiche ricevono un contributo di 110 euro per ogni megawattora di energia elettrica prodotta e consumata in tempo reale.

Quel che appare ormai certo è che l’evoluzione normativa punta a definire un quadro regolatorio più organico, ampliando nello stesso tempo l’ambito di applicazione delle CER sia in termini tecnologici che territoriali (il perimetro di pertinenza si allarga consentendo di includere migliaia di potenziali membri) ed estendendone anche la pletora della tipologia di soggetti che possono aderirvi includendovi gruppi di cittadini, condomini, piccole e medie imprese, enti locali, cooperative, associazioni, terzo settore ed enti religiosi.

Alcuni numeri

Ma di quante CER si parla al momento? Innanzitutto è necessario ricordare che attualmente valgono le regole provvisorie (Art 42 bis del Decreto Milleproroghe 2020), quindi le CER esistenti sono molto diverse da quelle che saranno possibili dopo la pubblicazione del decreto attuativo.

Stimarne il loro numero attuale è comunque complesso, non bisogna confonderle con i progetti di autoconsumo collettivo (come può essere un condominio che si alimenta con i propri dispositivi fotovoltaici) e bisogna tener presente che una CER per essere dichiarata tale deve aver passato l’intero iter autorizzativo da parte del Gse. Cosa non di poco conto.

Stando all’ultimo rapporto trimestrale Energia e Clima in Italia del Gse, ma anche secondo il Report di Legambiente, alla fine del 2022 risultavano 46 configurazioni di autoconsumo collettivo e 21 comunità energetiche rinnovabili. Uno studio del Politecnico di Milano stima inoltre che entro il 2025 le CER nazionali saranno circa 40 mila e coinvolgeranno circa 1 milione di condomini. Per ora i numeri sono ancora piccoli rispetto ai target e alle ambizioni, e soprattutto al confronto con gli altri paesi Ue, ma il potenziale è decisamente significativo. Secondo l’Osservatorio Energy & Strategy del Politecnico di Milano il numero di utenti stimati che saranno coinvolti nel quinquennio tra 2023 e 2027 in comunità di energia rinnovabile, potrebbe raggiungere (nello scenario più favorevole) un numero variabile tra 29mila e 31mila attori.

Ma il potenziale è significativo anche in termini di occupazione. Secondo il Rapporto GreenItaly 2022 di Unioncamere e Fondazione Symbola, le imprese che investono nei settori green sono sempre più diffuse lungo tutto lo stivale. Ingegneri elettronici e meccanici, periti industriali nelle diverse specializzazioni, dall’informatica alla gestione dell’energia fino agli esperiti nell’edilizia green, installatori di impianti, tecnici per la gestione e la progettazione dei progetti energetici, data analyst, certificatori della qualità ambientale: sono solo alcune delle professionalità che rientrano nell’ampio ventaglio di nuovi posti di lavoro che le imprese del settore elettrico stanno già offrendo. Il Piano 2030 del settore elettrico prevede di creare 540 mila nuovi posti di lavoro in Italia, ovvero, opportunità di occupazione che permetteranno di rendere il l’Italia un Paese più indipendente e sicuro dal punto di vista energetico, più competitivo e sostenibile.

Illuminare la speranza

Un’iniziativa dal valore sociale e ambientale che punta a realizzare una comunità energetica rinnovabile attraverso la progettazione di un professionista in una zona particolarmente disagiata. Si chiama “Illuminare la speranza” ed è l’iniziativa che il Consiglio nazionale dei periti industriali ha deciso di ideare e che prevede la donazione di un progetto di un Comunità energetica in un’area particolarmente disagiata del Paese. Un’intenzione non rimasta sulla carta ma già realtà concreta a Marghera, località del Comune di Venezia, dove i periti industriali hanno progettato e donato il primo impianto energetico rinnovabile in quella zona, garantendo alla cittadinanza la possibilità di autoprodurre energia pulita azzerando quasi del tutto i costi della bolletta. Un prototipo con tanto di schede per la progettazione che potrà sarà utilizzato come strumento di lavoro per il professionista e come guida per ogni pubblica amministrazione che voglia realizzare una comunità energetica nel suo territorio. Non solo perché lo stesso è stato fatto in due comuni della provincia laziale dove i periti industriali hanno supportato i comuni e la cittadinanza alla partecipazione ai bandi pubblici che stanziano risorse (per la costituzione di CER) nelle aree colpite dai terremoti del Centro Italia.

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