Secondo un recente studio dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), in Italia oltre 7,8 milioni di donne tra i 15 e i 64 anni non lavorano e non sono alla ricerca attiva di un’occupazione. L’inattività femminile rappresenta non solo una sfida, ma anche un’opportunità per promuovere una maggiore inclusione delle donne nel mercato del lavoro.
In Italia oltre 7,8 milioni di donne tra i 15 e i 64 anni risultano inattive, ovvero non lavorano e non sono alla ricerca attiva di un’occupazione. Di queste, circa 1,3 milioni sono disposte a entrare nel mercato del lavoro, ma solo a determinate condizioni, rappresentando un gruppo potenziale su cui potrebbero concentrarsi interventi mirati. Il rapporto dell’INAPP, intitolato L’insostenibile inattività. Il lavoro delle donne che manca, evidenzia come superare l’inattività femminile possa essere una risorsa strategica, in particolare per fronteggiare la transizione demografica del paese.
Le cause dell’inattività femminile
Escludendo le motivazioni legate all’età, come studio e formazione per le donne tra i 15 e i 29 anni, e il pensionamento o disinteresse per le over 54, che rappresentano rispettivamente il 18%, 23% e 14%, le principali cause della mancata partecipazione delle donne al mercato del lavoro nelle fasce di età centrali sono legate alla cura della famiglia. Il fenomeno è particolarmente evidente nelle donne coniugate (80%) e raggiunge il suo apice tra i 30 e i 40 anni, una fascia di età definita “sandwich generation”, per la simultanea gestione di più esigenze familiari. Un altro aspetto marginale ma rilevante è lo scoraggiamento, che incide solo sul 5% delle motivazioni, ma risulta particolarmente evidente tra le donne di età compresa tra i 45 e i 49 anni, un periodo in cui il reinserimento nel mercato del lavoro è particolarmente problematico.
Fonte: Elaborazione Inapp su Istat 2023
Le disparità di genere nel mercato del lavoro
Nel primo semestre del 2024, sono state attivate 4.294.151 nuove assunzioni in Italia, ma solo il 42% di queste hanno riguardato donne, confermando la persistente disparità tra i sessi. Nonostante l’aumento dell’occupazione femminile, con un tasso di occupazione che ha raggiunto il 52,5%, il divario di genere rimane ampio: la differenza di occupazione tra uomini e donne è di 18 punti percentuali. L’inattività continua a colpire principalmente le donne (64%), ed è in gran parte motivata da esigenze familiari, con il 34% delle donne tra i 15 e i 64 anni che non lavora per motivi legati alla cura dei figli. Al contrario, la motivazione principale per l’inattività maschile è lo studio.
La qualità dei contratti di lavoro
Nonostante l’aumento delle assunzioni, la qualità dei contratti continua a rappresentare una criticità. Nel primo semestre del 2024, il 45,5% degli uomini e il 40,4% delle donne sono stati assunti con contratti a tempo determinato. Solo il 18,3% degli uomini e il 13,5% delle donne hanno ottenuto contratti a tempo indeterminato. Inoltre, le donne sono più esposte alla “doppia debolezza” di contratti a termine e part-time: il 64,5% dei contratti femminili a termine sono anche part-time, contro il 33% degli uomini. Questa situazione contribuisce a un divario retributivo significativo, con le donne che guadagnano mediamente 5.000 euro in meno all’anno rispetto agli uomini.
Il gender pay gap
Un altro fattore che influisce negativamente sull’occupazione femminile e sul reddito delle donne è il carico di lavoro domestico e di cura. Dopo la maternità, il 16% delle donne smette di lavorare, rispetto al 2,8% degli uomini, e l’80% dei congedi parentali viene richiesto dalle donne. La copertura salariale parziale durante i congedi parentali contribuisce ulteriormente al persistente gender pay gap.
Le Prospettive Future: Nuove Direttive Europee
Il rapporto dell’INAPP si conclude con uno sguardo alle politiche europee che l’Italia dovrà recepire entro il 2026. In particolare, le direttive 1499 e 1500 riguardano la razionalizzazione degli organismi per la parità, mentre la direttiva 970 mira a rafforzare la parità retributiva e la trasparenza salariale, iniziative che potrebbero avere un impatto significativo sulla riduzione delle disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro italiano.