Leggi la rivista online
Leggi la rivista online

Ripartiamo dalle classi di laurea

La percentuale di neo laureati che intraprendono la libera professione è notevolmente diminuita. Per evitare gli squilibri occupazionali occorre rimodulare i programmi accademici e renderli più flessibili e in sintonia con le esigenze del mercato del lavoro. Con nuovi percorsi formativi che integrino competenze pratiche ed esperienze lavorative.

Il libero professionismo è un settore fondamentale per l’economia del nostro Paese, una delle componenti più dinamiche e produttive. L’VIII Rapporto realizzato dalla Fondazione Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni è un focus prezioso che ci aiuta a capire lo stato di salute di un mondo decisivo per la crescita economica e sociale.

Il lavoro della Fondazione ci restituisce la foto di un comparto da sempre determinante per la tutela dei diritti fondamentali. Penso in particolare alle libere professioni che operano in ambiti come quello giuridico e sanitario, che offrono un supporto imprescindibile per i cittadini. Tuttavia, a fronte di una presenza così importante, il mondo delle professioni si trova spesso privato delle necessarie garanzie.

Il Rapporto traccia, infatti, un quadro a tinte scure sui numeri della libera professione, che registra un progressivo declino come percorso lavorativo.

Se al 2014 la libera professione rappresentava l’opzione principale per oltre la metà dei laureati, con percentuali ancora più elevate per alcune categorie come i dottori in legge, oggi, questa tendenza è cambiata significativamente. La percentuale di neo dottori che intraprendono la libera professione è notevolmente diminuita, coinvolgendo, ad esempio, solo un terzo di chi ha conseguito un titolo accademico in scienze agrarie, forestali e veterinarie, il 36% dei giuristi e il 38,5% di architetti e ingegneri.

Molteplici sono le ragioni di questo declino: il cambiamento nel mercato del lavoro, le preferenze personali dei laureati, le opportunità di impiego in altri settori, riassumibili nella sempre più crescente ricerca di ‘sicurezza sociale’.

La fuga dei neolaureati dalla libera professione è, quindi, questione assai complessa e le sue implicazioni richiedono un approccio strutturale integrato che coinvolga anche il sistema universitario in tutto il suo complesso.

Per evitare che gli squilibri occupazionali abbiano dalle ricadute ancor più negative sull’ecosistema economico e sociale del nostro Paese serve intervenire su più fronti. Innanzitutto, rimodulando i programmi accademici per renderli più flessibili e in sintonia con le esigenze del mercato del lavoro, introducendo nuovi percorsi formativi che integrino, ancora di più, competenze pratiche ed esperienze lavorative. Si tratta di un percorso già intrapreso. Lo scorso dicembre ho firmato il decreto per la riforma delle classi di laurea. Un progetto che mira a rendere i percorsi didattici più flessibili e con un maggior tasso di interdisciplinarità. Ma è solo un primo passo su cui intendo andare avanti, non solo per andare incontro alle richieste del mondo del lavoro che richiede competenze sempre più duttili, ma anche alle esigenze di studenti e studentesse che chiedono piani di studio sempre più personalizzati.

Un altro tassello che richiede un forte cambiamento è il servizio di orientamento all’interno delle università. Dobbiamo agire di più su questa voce e soprattutto anticipare i tempi di intervento. Il nostro scopo è migliorare queste attività per aiutare gli studenti a comprendere le opportunità di carriera nelle diverse professioni, promuovendo specializzazioni e corsi di studio in settori che hanno una domanda sostenuta sul mercato del lavoro. Ma anche supportare gli studenti e guidarli nella scelta di percorsi accademici in linea con le loro ambizioni.

Ciò deve avvenire di pari passo allo sviluppo e al coordinamento con tutti gli stakeholders di campagne di sensibilizzazione, all’interno degli atenei, sul valore e le opportunità offerte dalla libera professione, evidenziando i vantaggi di intraprendere una carriera indipendente. Ma soprattutto, offrendo un concreto supporto e delle consulenze mirate per coloro che desiderano avviare un’attività professionale, facilitando l’accesso a risorse e reti di contatti.

I più letti della settimana

AI Act: regole, rischi e sfide della nuova legge sull’intelligenza artificiale

L’AI Act è la prima legge al mondo che regola l’intelligenza artificiale. Approvata dall’UE e già recepita dall’Italia, sarà pienamente operativa entro il 2026. Ecco cosa prevede, come classifica i rischi, chi farà i controlli e quali dubbi solleva.

La comunicazione ibrida: perché non puoi ignorare video marketing e podcast

Molti liberi professionisti guardano al marketing con diffidenza. Ma è in atto una rivoluzione silenziosa: una nuova generazione di professionisti sta costruendo autorevolezza e portafogli clienti solidi grazie a strumenti che fino a ieri sembravano riservati a influencer e creator.

Relazioni sentimentali sul lavoro: si rischia il licenziamento?

Il caso di Andy Byron e Kristin Cabot che ha infiammato le cronache estive non è un caso isolato. Un amore clandestino tra le scrivanie è costato il posto anche al CEO di Nestlè. Ma davvero amare un collega ha come conseguenza il licenziamento? Cosa prevedono le aziende in Italia? E cosa dice la legge?

Cinque strumenti per gestire l’AI

Assistenti virtuali, chatbot, automazione di processi, l’intelligenza artificiale è ormai una realtà nelle attività professionali. Ma bisogna conoscerla a fondo per una corretta gestione dello studio. Ecco da dove partire.

Perché l’educazione finanziaria serve a tutti, non solo a scuola

Anche se è obbligatoria dal 2024, l’educazione finanziaria è ancora assente in metà delle scuole italiane. Con pochi insegnanti formati e un’Italia in coda ai Paesi OCSE, il gap educativo si riflette pesantemente su famiglie ed economia.

Argomenti

AI Act: regole, rischi e sfide della nuova legge sull’intelligenza artificiale

L’AI Act è la prima legge al mondo che regola l’intelligenza artificiale. Approvata dall’UE e già recepita dall’Italia, sarà pienamente operativa entro il 2026. Ecco cosa prevede, come classifica i rischi, chi farà i controlli e quali dubbi solleva.

La comunicazione ibrida: perché non puoi ignorare video marketing e podcast

Molti liberi professionisti guardano al marketing con diffidenza. Ma è in atto una rivoluzione silenziosa: una nuova generazione di professionisti sta costruendo autorevolezza e portafogli clienti solidi grazie a strumenti che fino a ieri sembravano riservati a influencer e creator.

Relazioni sentimentali sul lavoro: si rischia il licenziamento?

Il caso di Andy Byron e Kristin Cabot che ha infiammato le cronache estive non è un caso isolato. Un amore clandestino tra le scrivanie è costato il posto anche al CEO di Nestlè. Ma davvero amare un collega ha come conseguenza il licenziamento? Cosa prevedono le aziende in Italia? E cosa dice la legge?

Cinque strumenti per gestire l’AI

Assistenti virtuali, chatbot, automazione di processi, l’intelligenza artificiale è ormai una realtà nelle attività professionali. Ma bisogna conoscerla a fondo per una corretta gestione dello studio. Ecco da dove partire.

Perché l’educazione finanziaria serve a tutti, non solo a scuola

Anche se è obbligatoria dal 2024, l’educazione finanziaria è ancora assente in metà delle scuole italiane. Con pochi insegnanti formati e un’Italia in coda ai Paesi OCSE, il gap educativo si riflette pesantemente su famiglie ed economia.

Università e affitti: le città italiane più care e le alternative in Europa

Con l’inizio dell’anno accademico, trovare casa per gli studenti universitari è sempre più difficile. Milano e Bologna guidano la classifica delle città italiane più care, ma Barcellona e Berlino risultano più convenienti. Ecco i dati e le alternative per risparmiare.

Chi decide i vaccini in Italia? Il ruolo del NITAG tra nomine, revoche e richieste di inclusione

Con l’arrivo della stagione influenzale, torna il dibattito su chi decide le vaccinazioni in Italia. Il NITAG, comitato tecnico-consultivo del Ministero della Salute, è al centro di polemiche dopo la revoca della sua nomina. Diverse categorie sanitarie chiedono ora di farne parte.

L’invecchiamento cerebrale dipende anche dal peso

Un cervello più "anziano" di due anni solo per colpa dei chili di troppo. No, non è uno slogan per una dieta estiva, ma il risultato concreto del più grande studio internazionale mai condotto sul rapporto tra peso corporeo e salute cerebrale. I ricercatori hanno messo sotto analisi oltre 46mila cervelli per consegnare un nuovo dato alla ricerca scientifica, il sorprendente legame tra sovrappeso e invecchiamento cerebrale. I chili in eccesso, infatti, pare favoriscano una perdita di volume simile a quella dovuta all’Alzheimer.
spot_img

Correlati

Categorie Popolari

spot_imgspot_img