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Schillaci: salve le pensioni dei medici e sul Pnrr…

Medici e infermieri possono tirare un respiro di sollievo. L’adeguamento delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali, introdotto nella prima bozza della legge di Bilancio, che avrebbe ridimensionato le pensioni dei medici tra i 6.500 e gli 11 mila euro l’anno, è stato depennato. Con un emendamento all’articolo 33 della manovra, il Governo ha fatto dietro front sulle pensioni dei medici (e dei dipendenti pubblici): nessun taglio sull’assegno di vecchiaia e pensioni anticipate meno penalizzanti visto che si prevede la riduzione di 1/36° del taglio per ogni mese in più di permanenza sul lavoro.

«Abbiamo concordato con il ministro Giorgetti un’assoluta salvaguardia per tutto il personale in possesso dei requisiti richiesti per andare normalmente in pensione di vecchiaia e anche per chi ha maturato i requisiti per la pensione di anzianità entro la data di entrata in vigore della legge di bilancio 2024. Ma anche per coloro, medici e infermieri, che andranno in pensione di anzianità successivamente all’entrata in vigore della legge di Bilancio, e che quindi non hanno ancora maturato i requisiti per porre fine alla loro vita lavorativa, gli effetti della norma saranno scaglionati nel tempo e fortemente ridotti». Sono state giornate frenetiche per il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che in questa intervista esclusiva a il Libero Professionista Reloaded, non si sottrae di fronte alle criticità che investono la sanità e la medicina generale, a partire dalla legge di Bilancio alle case di comunità previste da Pnrr, passando per la cronica carenza di personale sanitario (basterà ricordare che nei prossimi tre anni circa 10 mila medici di medicina generale andranno in pensione), fino alle lacune del sistema universitario.

La carenza di personale sanitario rappresenta il maggiore ostacolo al successo degli interventi avviati con i fondi del Pnrr. Come si potrà “mettere a terra” lo sviluppo della medicina di prossimità, dell’assistenza domiciliare, delle case di comunità e della digitalizzazione del servizio sanitario nazionale se non ci sono abbastanza medici?

Siamo consapevoli che il Pnrr è nato monco: si garantiscono risorse per le infrastrutture ma non per gli operatori che dovranno assicurarne il pieno funzionamento. Ora le risorse ci sono. Nella manovra finanziaria 2024 abbiamo previsto risorse per assumere personale nelle case di comunità, 250 milioni di euro dal 2025 e 350 milioni di euro dal 2026.

In Italia i medici di medicina generale sono una presenza capillare sul territorio con circa 60 mila studi, dove lavorano circa 40 mila tra collaboratori e personale infermieristico, assunti dai medici stessi. Come immagina l’introduzione delle case della comunità senza perdere questo enorme patrimonio che contribuisce anche alla crescita del Pil del nostro Paese?

I medici di medicina generale costituiscono la prima linea del Servizio sanitario nazionale e il loro contributo è sostanziale per poter rafforzare la medicina del territorio e dare risposte a una popolazione sempre più anziana e sempre più fragile. I cittadini, oggi più di prima, chiedono un’assistenza primaria capillare e una presa in carico multidisciplinare.  È evidente che occorrerà un approccio aperto ai cambiamenti in atto sul piano dell’innovazione tecnologica che, grazie alla telemedicina e all’intelligenza artificiale e al fascicolo sanitario elettronico, consentirà in molte situazioni disagiate di assistere i pazienti a distanza e di arrivare a diagnosi accurate e precise.

Come?

Queste risposte possiamo darle nell’ambito delle Case della Comunità e lo dobbiamo fare guardando a un modello hub&spoke in cui le aggregazioni funzionali territoriali (Aft) possano trovare un loro inserimento. Si tratta di un nuovo modello organizzativo che allo stesso tempo consentirà di valorizzare l’attività clinica del medico di medicina generale e una riduzione del carico burocratico che oggi pesa enormemente sul suo lavoro. È un cambio di passo necessario per la messa a terra del Pnrr.

Per ridurre la pressione sui pronto soccorso viene proposto da anni di indirizzare i codici bianchi e parte dei codici verdi su strutture diverse dall’ospedale e queste potranno essere le case della comunità. Tuttavia i pronto soccorso lamentano di non riuscire a ricoverare i pazienti più gravi. Sarà sufficiente incrementare le dimissioni dai reparti verso gli ospedali di comunità o sarà necessario aumentare nuovamente i posti letto ospedalieri?  

Oltre la metà degli accessi in pronto soccorso sono codici bianchi e verdi, bisogni di salute non gravi che non dovrebbero cercare risposta nel pronto soccorso e esitano in dimissioni al domicilio, non avendo bisogno del ricovero. Per questo la presenza di strutture sul territorio può davvero contribuire ad alleggerire il carico di codici non gravi sui pronto soccorso. Diverso è il caso di codici più gravi che richiedono il ricovero e spesso stazionano in pronto soccorso perché non sono disponibili i posti letto. Va detto che c’è un problema di organizzazione a livello aziendale dove spesso si trovano reparti con tassi di occupazione dei posti letto altissimi, tanto da essere ingolfati, e altri invece con tassi di occupazione molto bassi. È evidente che non basta aumentare i posti letto se quelli esistenti non son utilizzati al meglio. Su questo si dovrebbe fare una riflessone.

Uno dei problemi che affligge la medicina generale riguarda la formazione e le carenze del sistema universitario e post-universitario. L’Italia è tra i pochi Paesi europei a non avere uno specifico percorso accademico per l’accesso alla professione di medico di medicina generale. Recentemente lei ha affermato la necessità che la medicina generale abbia una sua specializzazione. Come intende rivedere il percorso formativo e quali conseguenze potrebbe avere sulla medicina generale?

C’è un problema di attrattività della professione del medico di medicina generale. Su questo vogliamo intervenire individuando la modalità per transitare dall’attuale corso di formazione regionale a una vera propria Scuola di specializzazione con il coinvolgimento diretto dei medici di medicina generale, che potranno trasferire la propria esperienza e competenza ai giovani. Si tratta di una misura che può dare riconoscimento e restituire autorevolezza al lavoro dei medici di famiglia che da sempre rappresentano il punto di riferimento di milioni di cittadini.

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