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Chi decide i vaccini in Italia? Il ruolo del NITAG tra nomine, revoche e richieste di inclusione

Con l’arrivo della stagione influenzale, torna il dibattito su chi decide le vaccinazioni in Italia. Il NITAG, comitato tecnico-consultivo del Ministero della Salute, è al centro di polemiche dopo la revoca della sua nomina. Diverse categorie sanitarie chiedono ora di farne parte.

Si avvicina il cambio di stagione e si moltiplicano le raccomandazioni per l’immunizzazione alle nuove influenze. Ma chi decide contro cosa e come dobbiamo immunizzarci? Naturalmente il ministero della Salute, ma non da solo. Lo sostiene il NITAG (National Immunization Technical Advisory Group), un comitato tecnico-consultivo indipendente che offre al ministero indicazioni basate su prove scientifiche per le politiche vaccinali. Il comitato, che ha un omologo anche in altri Stati europei, è in una fase di revisione: nominato a inizio agosto è stato revocato subito dopo ed è adesso in attesa di rinomina. Cosa sta succedendo?

La nomina del NITAG e la revoca dopo le polemiche

Il nuovo NITAG, composto da medici provenienti da vari ambiti come epidemiologia, economia sanitaria, immunologia, sanità pubblica, per sua natura opera con piena autonomia politica e ideologica perché il suo compito principale è quello di supportare il governo nella definizione delle strategie vaccinali basandosi soltanto su rigorose prove scientifiche.
Lo scorso 5 agosto, il ministero della Salute ha formalizzato la nomina di un nuovo comitato con a capo Roberto Parrella, presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. Ma la presenza tra i 22 membri di due figure con posizioni notoriamente scettiche verso i vaccini ha suscitato polemiche così accese da costringere il ministro Schillaci a firmare un decreto per la revoca dell’intero gruppo e annunciare contestualmente l’intenzione di riaprire la procedura di nomina a settembre.

Una nuova composizione per garantire rappresentanza e trasparenza

L’obiettivo della nuova procedura di nomina è coinvolgere rappresentanti di tutte le categorie di stakeholder sanitari capaci di operare con indipendenza politica e ideologica. Al momento, alcune sono infatti escluse e chiedono di poter avere la loro voce all’interno del comitato perché pienamente coinvolte nei processi vaccinali.

Una di queste categorie è la Società Italiana di Pediatria, assenza grave in un organismo che decide delle politiche vaccinali per l’infanzia. Così come quella dei neonatologi, figure determinanti nei primi mille giorni di vita dei cittadini di domani. «Oltre a fornire cure precoci, i neonatologi svolgono un ruolo cruciale nella prevenzione: eseguono screening neonatali, favoriscono la fiducia dei genitori e promuovono la salute a lungo termine. Il loro contributo è, quindi, indispensabile a qualsiasi strategia nazionale di immunizzazione completa», spiega Massimo Agosti, presidente della Società Italiana di Neonatologia.

Un comitato chiave, ma ancora troppo chiuso

«Siamo convinti che il dibattito sorto in queste settimane intorno al NITAG possa essere considerato un’opportunità per riaffermare la centralità della scienza nelle decisioni di sanità pubblica» continua Agosti. Il comitato, infatti, offrendo pareri tecnici, orienta le politiche sanitarie, aiutando il ministero a compiere scelte efficaci e sostenibili, e il suo lavoro è tanto più rilevante in un’epoca in cui la disinformazione su un tema così delicato come i vaccini rischia di compromettere risultati decennali in termini di prevenzione e salute pubblica. Eppure, al momento, sono tante le categorie che non hanno ancora accesso al comitato. Per esempio, ne sono esclusi la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, cioè i professionisti con responsabilità diretta nei servizi vaccinali dei Dipartimenti di prevenzione, figure fondamentali sul territorio, così come i medici di famiglia, gli infermieri e i farmacisti, ma anche gli assistenti sanitari che rivendicano la loro importanza nell’attuazione operativa delle campagne vaccinali.

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