Un pizzico di passione per la politica, un grande amore per l’ambiente e tanta voglia di mettersi in gioco. Queste le leve che hanno spinto un avvocato a diventare apicoltore, creando da zero un’attività volontaristica all’interno del parco di Monza.
Per l’avvocato Mattia Cappello – nativo di Comiso, nel Libero consorzio comunale di Ragusa e iscritto all’Ordine professionale di Milano dal 2001 – la scintilla è scoccata sui sentieri trentini della Val di Sole dove l’associazione L’Alveare gestisce dal 2015 il Mulino museo dell’ape. L’operoso insetto sociale ha improvvisamente quanto immediatamente attratto l’attenzione e suscitato la passione di Cappello perché nel suo agire si ritrovano molte delle qualità che questi apprezza (o apprezzerebbe) negli uomini, a cominciare dal senso innato di appartenenza a un tutto.
Il CREDA e il credo
«Pensare», ha esordito Cappello, «che non sono mai stato ghiotto di miele: tutto è iniziato per caso con una gita in montagna. Sono stato folgorato come Saulo sulla via di Damasco e mia moglie ha assecondato la vocazione regalandomi un corso di formazione presso la onlus CREDA di Monza». Civilista e specializzato in Diritto del lavoro, privo di «motivazioni dettate dalla gola» e del tutto «digiuno di qualsiasi nozione riguardante la specie», ricorda alla perfezione che cosa di preciso abbia fatto scattare la proverbiale molla. «L’alveare», ha detto a Il Libero Professionista Reloaded, «mi ha posto di fronte al più intimo significato dell’essere comunità perché al suo interno vige una rigida distinzione dei compiti e si prevede che ognuno faccia il suo nel nome del bene collettivo». Giustizia ed eguaglianza non sono solo i principi che orientano l’operato di Cappello al foro, bensì caratteri iscritti nel codice genetico di una famiglia, la sua, ove gli avi hanno pagato a caro prezzo la scelta – si è a cavallo fra le due guerre mondiali – di rinunciare alle tessere di partito. E nella quale il papà architetto ha progettato e realizzato in un territorio militarizzato la prima Pagoda per la Pace.
Democrazia animale
«La società delle api», ha proseguito l’intervistato, «è democratica ed egalitaria. In più è circolare: nei suoi circa 30-40 giorni di vita ogni esemplare passa più volte di ruolo: da spazzina a nutrice della Regina e poi bottinatrice, cioè raccoglitrice del nettare dai fiori; infine guardiana. Deve cioè difendere la sua città-Stato a colpi di pungiglione e dunque a costo della vita. Per certi versi il sistema ricorda la società giapponese, che mette in primo piano il benessere della collettività e giammai del singolo. Gli alveari sono superorganismi entro i quali in circostanze di necessità estrema alcune appartenenti finiscono per l’essere uccise, affinché le altre possano sopravvivere». Si tratta di un mondo al femminile – «di amazzoni», nella definizione di Cappello – che però non discrimina il maschio ma molto semplicemente gli attribuisce un ruolo determinato. «I fuchi sono ritenuti a torto utili solamente all’accoppiamento», ha spiegato, «ma così non è. Prima delle nozze con la Regina si fanno carico di mansioni specifiche come la pulizia della casa, delle arnie. Sono figure marginali ma non superflue perché nulla lo è, in questo schema. Quel che è inutile si elimina e i fuchi vengono cacciati dopo la fioritura, quando il cibo scarseggia e divengono risorse passive».
Siamo (potenzialmente) tutti apicoltori
Una volta acquisita la necessaria familiarità con Regine e operaie, nel 2021 l’avvocato ha dato vita insieme ai familiari e a un manipolo di collaboratori (oggi se ne contano 15) all’associazione Apincittà, cui dedica «almeno il 60%» del poco tempo libero. Anche i suoi familiari vi sono coinvolti e in particolare la moglie Bianca impegnata in azioni di lobbying civico e promozione della partecipazione sociale dal basso contemplata dallo statuto. «L’idea», ha riflettuto, «è che si possa essere tutti apicoltori, nel nostro piccolo, anche semplicemente abbellendo i balconi con fiori e canne di bambù, apposite casette o mattoni forati – i bee brick – già molto diffusi nel Nord Europa». Sono questi rifugi e habitat per le specie selvatiche, ben diversi da un vero e proprio alveare. «Rispettare le api», ha chiarito l’intervistato, «significa anche rendersi conto che non sono animali domestico o da compagnia: ospitarle è doveroso, ma la loro cura va affidata ai conoscitori».
Esperti si diventa
L’esperienza in materia Cappello l’ha acquisita a suon di corsi di specializzazione al termine dei quali è maturata la decisione di fare qualcosa di più. In completa autonomia, purtroppo, vista la poca propensione alla collaborazione inaspettatamente mostrata da alcune ben note sigle ambientaliste. Ora Apincittà è parte del network di respiro nazionale Rete Api Urbane; l’avvocato ha intanto accumulato competenze senza perdere una comprensibile dose di timore reverenziale. «La paura del pungiglione», ha ammesso, «permane, specialmente nei non-professionisti come il sottoscritto. Accetto il rischio sapendo che avvicinarsi a un’arnia è qualcosa di paragonabile a una violazione di domicilio. Ne abbiamo nove in totale e a seconda delle stagioni riescono a ospitare da poche migliaia a poco meno di un milione di esemplari. Ma pure qui sta una delle proprietà più preziose di un super-organismo: la capacità di andare oltre al semplice calcolo dei suoi elementi». Naturalmente, a Monza si produce miele e anche quest’attività molto dipende dall’equilibrio degli ecosistemi e dal clima, essendo l’ape «un attendibile indicatore sociale e ambientale». Le condizioni verificatesi nel 2023 hanno fatto sì che la raccolta fosse tutto sommato modesta, attorno agli 80 chilogrammi della varietà millefiori. «Le api», ha sottolineato Mattia Cappello, «soffrono tanto del surriscaldamento globale quanto dell’inquinamento tout court. Sono sotto tale aspetto vittime di discriminazione esattamente come i miei assistiti nelle aule di tribunale: ecco un altro punto in comune fra l’avvocatura e il mio hobby. Vorrei e vorremmo portare all’attenzione della politica il progetto dei bee brick che centri inglesi come Brighton hanno già rese obbligatorie negli edifici di nuova costruzione, dando modo alla cittadinanza di contribuire concretamente alla biodiversità. Dal dialogo con le istituzioni abbiamo tratto un risultato importante: grazie all’attivismo della consigliera del Comune di Monza Sarah Brizzolara ci è stato concesso in uso uno spazio verde ora chiamato Giardino della Legalità e Biodiversità. In prospettiva vorremmo svilupparlo a quattro mani con l’associazione Libera, consci del fatto che tutela ambientale e legalità sono inscindibili».