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Più sport, più salute, più Pil

Gli italiani che non praticano attività fisica non mettono a rischio solo la loro salute ma anche l’equilibrio economico e sociale. L’ultimo rapporto Valore Sport 2025 mostra quanto lo sport possa generare non solo salute ma anche crescita e occupazione. Ecco criticità, opportunità e soluzioni per un Paese più attivo.

L’Italia è uno dei Paesi più sedentari dell’area Ocse. Un dato che non incide solo sulla salute di ogni individuo ma anche sulla salute economica e sociale collettiva. L’Osservatorio Valore Sport 2025 di The European House Ambrosetti, in collaborazione con il CONI, il Comitato Italiano Paralimpico, l’ICSC (Istituto per il Credito Sportivo e Culturale) e Sport e Salute, ha valutato come con meno sedentari, la spesa sanitaria italiana potrebbe risparmiare fino a 77,4 miliardi di euro entro il 2050, e se queste risorse venissero re-investite in prevenzione, il PIL nazionale vedrebbe un incremento, nello stesso lasso temporale, di 225 miliardi. Per questo ha analizzato limiti e potenzialità del mondo dello sport in Italia promuovendo anche le soluzioni.

Benefici e dati sugli stili di vita attivi

Sappiamo quanto l’attività fisica sia utile a prevenire il decadimento fisico e a mantenere in salute l’apparato scheletrico e quello cardiocircolatorio. Dati alla mano, gli sportivi hanno una propensione al fumo inferiore del meno 12% rispetto ai sedentari, il consumo abituale di frutta e verdura è più alto del 42 e di carni bianche del 37. La sedentarietà contribuisce all’insorgenza di numerose patologie, tra tumori, malattie cardiovascolari, diabete, ma anche malattie psicologiche e neurodegenerative. Le conseguenze di questa tendenza sono rilevanti non solo per la salute pubblica, ma anche dal punto di vista economico: la nostra sedentarietà al sistema sanitario italiano costa 6,7 miliardi di euro l’anno. Ecco perché la roadmap “2050 – Italia In Movimento” prevede di alzare del 200% la quota attuale di ragazzi attivi (al momento 1 adolescente su 8 non svolge alcuna attività fisica).

L’approccio trasversale dello sport in politica

Per farlo, si è scelto un approccio integrato alla promozione della cultura del movimento. «Come Osservatorio, portiamo avanti con forza il principio guida di “Sport in All Policies”: lo sport è un ambito altamente interdisciplinare, che incide sulla salute pubblica, sull’educazione, sull’integrazione sociale, sullo sviluppo economico, sull’attrattività turistica e sulla proiezione internazionale del Paese, solo per citare alcune delle principali direttrici di impatto che rappresentano responsabilità e competenze di (almeno) 13 degli attuali Ministeri”» ha dichiarato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti. «Allo stesso modo, è fondamentale che la promozione dell’attività fisica segua un secondo principio, quello di “Sport for All”: le politiche sportive devono far sì che la pratica sia accessibile a chiunque, senza distinzioni di età, genere, provenienza, estrazione sociale e condizione socioeconomica, a maggior ragione da quando lo sport è entrato ufficialmente nella Costituzione Italiana”.

Il valore economico diretto e indiretto dello sport

Lo sport mette in moto, oltre al fisico, anche una serie di distretti economici: le società sportive e le palestre, le assicurazioni, la gestione degli impianti, per esempio. Ma poi bisogna considerare anche l’abbigliamento sportivo, le attrezzature, gli integratori alimentari, gli eventi e tutti i servizi sanitari legati a infortuni e relativa prevenzione. I settori economici coinvolti sono oltre 400 se consideriamo non solo quelli strettamente “sportivi” (come la gestione degli impianti) ma anche quelli strettamente connessi (abbigliamento, attrezzature, costruzione di infrastrutture…) e connessi in senso lato (alberghi, ristoranti, servizi medici…). Nel 2022 il valore generato da tutte queste voci è stato di 24,7 miliardi di euro, l’1,4% del PIL nazionale. Un valore cresciuto negli ultimi dieci anni e che oggi dà lavoro a oltre 425mila persone.

L’Italia nello scenario internazionale dell’export sportivo

L’Italia dello sport conta anche a livello internazionale, perché siamo il 4° Paese UE e il 9° al mondo per esportazione di prodotti sportivi (2,5% della quota mondiale). In alcune categorie, siamo nella Top 5, per esempio, primi al mondo per l’esportazione di armi da tiro (44,7%), secondi per pantaloni da sci (32,4%) e terzi per selle da bici (29,5%). Anche le sponsorizzazioni contribuiscono a generare valore economico per il settore, nonostante non abbiano ancora raggiunto i livelli pre-crisi (1,1 miliardi di euro nel 2023), ma lo sport di base è ancora poco valorizzato da questo tipo di investimenti, nonostante il credito di imposta: l’80% delle sponsorizzazioni sportive si concentra in 4 competizioni professionistiche, di cui il 60% solo nella Serie A di calcio.

Impianti sportivi insufficienti e gap scolastico

Uno dei problemi è connesso all’offerta impiantistica sportiva che è sotto la media europea ed è circa 5 volte inferiore a quella della Finlandia, prima in classifica nel settore. Il 59,3% degli edifici scolastici italiani non è dotato di un impianto sportivo, con picchi negativi in Calabria (77,4%), Umbria (72,1%) e Sicilia (70,0%). L’Italia è anche il Paese con il più basso numero di ore minime obbligatorie destinate all’educazione fisica a livello europeo, contribuendo così agli alti livelli di sedentarietà e di sovrappeso e obesità registrati tra i bambini. L’attuale tasso di obesità infantile porterà ad una spesa aggiuntiva per il Sistema Sanitario Nazionale di oltre 400 milioni di euro all’anno. Già oggi le cure per l’obesità rappresentano il 9% della spesa sanitaria nazionale.

Un indice per misurare l’accessibilità allo sport e orientare le soluzioni

Per mappare l’Italia dello sport e valutare limiti e potenzialità dei vari territori, l’Osservatorio ha costruito l’Indice territoriale di accessibilità allo sport che prende in considerazione tantissimi aspetti, come la disponibilità di strutture, la sostenibilità economica per le imprese e le famiglie, le aree verdi, la sicurezza. Questo ha permesso di individuare anche le soluzioni per ogni territorio.  Per esempio l’incremento di investimenti destinati alla costruzione e all’efficientamento degli impianti sportivi, gli incentivi al settore privato per la promozione dell’attività̀ fisica attraverso la leva fiscale, le politiche di accessibilità economica per la pratica sportiva come i bonus che in tante aree sono già attivi. Così come sono già partite attive tutte le politiche di promozione nelle scuole: il ritorno dei Giochi della Gioventù, l’allestimento di spazi negli edifici scolastici senza palestre e la promozione dell’uso degli impianti sportivi scolastici in orario extrascolastico ad associazioni e società sportive.

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