Tre pilastri per un piano di successo

Per riuscire a raggiungere i suoi obiettivi l’ambizioso Piano Mattei deve fare leva su tre punti strategici: formazione delle risorse umane locali, utilizzare le risorse naturali per sviluppare l’industria sul posto, investire in infrastrutture e creare una figura di coordinamento delle azioni sul territorio. A dirlo le Camere di Commercio che da anni coordinano le attività delle aziende italiane sul territorio africano.

Rafforzare le relazioni con il continente africano puntando a un partenariato che porti a un progresso condiviso e a un futuro più prospero e stabile per entrambe le parti. Questo, almeno sulla carta, l’obiettivo del Piano Mattei, diventato legge a inizio 2024. Già oggi tra Italia e Africa esistono relazioni commerciali consolidate: stando ai dati dell’Osservatorio Economico del Ministero degli Affari Esteri, nel 2022 gli investimenti diretti dall’Italia verso i paesi del Continente Nero ammontavano a 502 milioni di euro. Attivo anche l’interscambio commerciale tra le due aree che, nello stesso anno, ha raggiunto i 69 miliardi di euro, rendendo l’Italia il secondo Paese al mondo per import di prodotti africani (con un particolare focus su materie prime) e undicesimo per export (con focus su macchinari per vario impiego, nonché su prodotti derivanti dalla raffinazione di petrolio).

Nell’ultimo decennio la presenza di aziende, ma anche di associazioni, istituzioni italiane in Africa è aumentato costantemente tanto che la loro presenza oggi non si limita al settore dell’energia ma spazia in campi diversi: dalle costruzioni, ai trasporti, passando per la logistica e la meccanica. Rapporti storici che nei prossimi quattro anni si potrebbero ulteriormente intensificare grazie all’erogazione di 5,5 miliardi di euro di fondi previsti dal Piano Mattei destinati ad alimentare nuovi investimenti sia da parte del settore privato che da quello istituzionale. Ma affinché l’obiettivo dichiarato del Piano venga declinato in modo efficace in terra africana occorre lavorare in modo coordinato con le Camere di commercio italiane già presenti sul territorio. Non a caso la Camera di commercio italiana in Mozambico nei mesi scorsi si è fatta promotrice di un gruppo di lavoro di cui fanno parte anche le Camere di commercio italiane all’estero di Casablanca, Il Cairo, Johannesburg, Tunisi, la Camera di commercio Italo senegalese e dell’Africa occidentale e, ovviamente, Assocamerestero e l’area delle camere italiane di Asia africa e Australia. Obiettivo: dare un contributo al governo italiano in considerazione del Piano Mattei.

Tre pilastri

In questa direzione il gruppo di lavoro delle Camere di commercio africane ha individuato tre pilastri portanti su cui deve poggiare il Piano per avere successo e centrare i suoi ambiziosi obiettivi: formazione, utilizzo locale delle risorse naturali, industrializzazione e realizzazione di infrastrutture.

Formazione e valorizzazione delle esperienze professionali 

In un continente enorme, dove l’età media viaggia attorno ai 45 anni, la formazione delle persone e l’agevolazione di esperienze lavorative come impulso alla crescita dei mercati locali e per una immigrazione di lavoratori qualificati è un tassello più che strategico. Lavorare per rafforzare le competenze tecniche e organizzative delle risorse umane locali è un passo fondamentale da compiere attraverso l’apertura di scuole tecniche o di specializzazione sul territorio promosse dal governo o dalle associazioni industriali. Una formazione in aula che può essere completata anche da possibili collegamenti da remoto con centri di formazione professionali italiani o centri medici. Un percorso da affiancare sia in loco sia con brevi soggiorni in Italia con tirocini presso le opportune organizzazioni. Inoltre, anche con agevolazione sui visti e permessi, puntare sulla valorizzazione delle risorse umane formate da imprese italiane in Africa e da partenariati con imprese locali, riconoscendolo come un capitale unico da potenziare.  Formazione significa anche lavorare per la creazione di opportunità di lavoro e di imprenditoria locale attraverso programmi di assunzione mirati e l’assegnazione di subappalti a imprese locali. Il che contribuirebbe a stimolare lo sviluppo economico delle comunità circostanti e a promuoverne la crescita. Per le Camere di Commercio italiane in Africa è anche naturale la collaborazione tra il settore privato e i centri di formazione tecnici ed università presenti, anche grazie alla comunità religiosa che storicamente ha sviluppato competenze nel continente (Salesiani, Comboniani, Dehoniani, etc..).

Utilizzo locale delle risorse naturali

Durante la conferenza Italia Africa che si è tenuta a Roma lo scorso gennaio, Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell’Unione Africana, è stato molto chiaro sul piano Mattei e sul ruolo che i Paesi del grande continente al di là del Mediterraneo intendono avere nei nuovi rapporti commerciali e di sviluppo, evidenziando che nella rivoluzione economica promessa dal governo italiano, l’Africa vuole essere padrona e protagonista e, per questo, libera. Ed è in questa direzione che va il secondo importante pilastro individuato dalle Camere di Commercio Italiane in Africa, in partner con associazioni e istituzioni locali, per una realizzazione di successo del Piano Mattei: l’utilizzo locale delle risorse naturali, e in particolare del gas che deve assumere un ruolo centrale nelle strategie di sviluppo. L’Africa, infatti, per poter migliorare la sua economia ha bisogno di accedere a una fonte energetica stabile e consistente così come necessita di una giustizia climatica per poter sviluppare un suo modello di transizione energetica.

In Africa negli ultimi anni sono stati scoperti enormi giacimenti di gas, basti pensare all’Egitto o al Mozambico, solo per citarne alcuni. Risorsa preziosa che spesso però viene esclusivamente esportata, sottoutilizzata o bruciata come gas associato durante l’estrazione del petrolio. È opportuno, invece, garantire una gestione virtuosa e sostenibile delle risorse di gas naturale e, in linea con i principi di Mattei, sviluppare dei progetti con benefici e vantaggi per i Paesi che possiedono le risorse. A fronte quindi della cessione di alcuni vantaggi economici, eventualmente compensati da una first option a market price sull’importazione di risorse di cui l’Europa ha forte bisogno, si potrebbe ottenere maggiore trasparenza nella gestione delle entrate derivanti dalla sua monetizzazione e si massimizzerebbero i benefici per le comunità locali e per il Paese nel suo insieme. Valorizzare il gas domestico significa anche investire in infrastrutture di produzione, trasporto e distribuzione, nonché politiche e regolamentazioni adeguate per promuovere gli investimenti e creare un ambiente favorevole agli operatori del settore. L’industria Italiana, anche grazie alle imprese che sono associate al circuito camerale, è leader nella tecnologia più avanzata, applicabile, per esempio, in progetti strategici come l’uso del gas naturale liquefatto (lng) per la produzione elettrica, o del gas per produrre metanolo, urea, fertilizzante (con valore nello sviluppo del settore agricolo), nell’economia circolare dai rifiuti o uso di biomasse per cucinare. Il tutto nel rispetto degli impatti ambientali e sociali. Una nuova narrativa del Piano Mattei può essere quella di portare la migliore tecnologia, anche in termini di cattura di anidride carbonica, e non rimanere nella scia di considerare il continente come una “discarica di rottami tecnologici” o frenare l’uso delle risorse per un approccio ideologico e poco pragmatico alla transizione energetica.

Sviluppo industriale e delle infrastrutture

Si tratta di investimenti necessari se si vuole puntare in modo deciso al potenziamento di un sistema industriale locale e quindi alla crescita economica di un continente dalle enormi potenzialità. In questa area geografica l’Italia dovrebbe dunque puntare, nel medio termine, alla realizzazione di filiere con l’obiettivo di ottimizzare l’impatto di megaprogetti sull’economia locale e facilitare la realizzazione di nuovi programmi sul territorio (senza la filiera a oggi molti micro e piccoli progetti falliscono per un utilizzo inefficiente delle risorse).

Senza contare il fatto che l’esistenza di una filiera ridurrebbe anche la distanza tra le grandi imprese multinazionali italiane (come Eni, Enel, Fincantieri, Webuild, Terna, Saipem…) e le Pmi italiane che operano in Africa, spesso in partnership con operatori locali, e che hanno dimostrato resilienza e fiducia nei Paesi stessi. Le multinazionali infatti hanno grande impatto sia sulle economie locali sia nella realizzazione del Piano Mattei, mentre le Pmi hanno capacità di “messa a terra” di progetti che nascono nell’indotto dei “mega progetti”. Un modello, tipicamente italiano, molto apprezzato, tra gli altri, anche dal presidente del Mozambico, Filipe Nyusi, perché vicino alle esigenze della popolazione, «la vera proprietaria delle risorse», e perché sviluppa contenuto locale e catene del valore che, a titolo di esempio, dalle opere infrastrutturali arrivano a creare trasformazione di prodotti ortofrutticoli. 

L’importanza di un coordinamento centrale 

Secondo le Camere di commercio africane, infine, il piano Mattei non può prescindere dall’identificazione di un “playmaker” a livello di governo in grado di coordinare le iniziative di tutti i ministeri coinvolti.

A livello locale, invece, il sistema imprenditoriale italiano, basato su poche grandi multinazionali e un’ampia rete di Pmi resilienti, è un formidabile supporto alla definizione e implementazione del progetto che non può non prescindere da una presenza capillare e costante anche nelle aree periferiche dei paesi partner.

In particolare, le multinazionali partecipate dallo stato italiano possono assumere la funzione di acceleratori del Piano, attraverso una propria figura manageriale designata e presente in loco in grado di attivare le sottostanti filiere di Pmi che possono contribuire, in collaborazione con imprese locali e con camere di commercio italiane e associazioni locali, alla messa a terra delle varie iniziative.

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