Le buone pratiche ci sono, chiuse nel cassetto

Il nostro Paese si è da tempo dotato di strumenti intesi a reprimere le discriminazioni e a favorire le azioni positive volte a migliorare l’occupazione femminile e a limare le differenze di genere nelle nostre imprese. Eccoli.

Per le donne entrare nel mondo del lavoro e crescere lavorativamente è ancora molto difficile e la recente epidemia Covid-19 ha solo peggiorato la situazione se è vero che dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70% è costituito da donne. Nemmeno le modalità di lavoro “agile” sembrano migliorare la situazione, anzi, sembra essersi rafforzata quella barriera invisibile che gli inglesi chiamano glass ceiling e noi con la pittoresca denominazione “soffitto di cristallo”, ossia la difficoltà oggettiva delle donne di superare le barriere di prestigio, potere e risorse tuttora rilevante. Questo fenomeno è stato studiato per anni dall’economista Claudia Goldin a cui è stato riconosciuto il Premio Nobel per l’Economia del 2023 che ha approfondito gli aspetti culturali, sociali ed economiche della discriminazione di genere persistente. Ciò deriva anche dal fatto che culturalmente gli stereotipi di genere sono difficili da smantellare. Nonostante la scolarizzazione sia garantita da decenni e il fatto che le donne siano mediamente più istruite degli uomini, ci sono tutt’ora delle limitazioni a cui le prime sono sottoposte. Ciò deriva soprattutto dal fatto che sia la famiglia, sia la scuola, sia la società stessa, tendano ancora a educare le persone attraverso stereotipi di genere, con ruoli e aspettative specifiche per uomini e donne. Nel mondo del lavoro, è ancora vero che le lavoratrici sono pagate meno e sono più soggette a contratti part time “involontari” e a tempo determinato.

Gli strumenti per la parità

Eppure il nostro Paese si è da tempo dotato di strumenti intesi a reprimere le discriminazioni e a favorire le azioni positive volte a migliorare l’occupazione femminile.  La stessa Costituzione italiana all’art. 37 sancisce che «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore». Non solo, «Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione».

La certificazione che gli operatori possono acquisire dovrebbe migliorare l’attenzione alle azioni volte a incrementare le opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda applicando anche la “Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022”, pubblicata in data 16 marzo 2022 da UNI – Ente italiano di normazione al fine di definire criteri, prescrizioni tecniche ed elementi funzionali alla certificazione della parità di genere nelle imprese fornendo un insieme di indicatori prestazionali (Key performance indicator – Kpi) definiti come “percorribili, pertinenti e confrontabili e in grado di guidare il cambiamento delle politiche per la parità di genere delle imprese”.

La certificazione avviene su base volontaria e su richiesta dell’impresa. Al rilascio della certificazione provvedono gli organismi di certificazione accreditati presso Accredia ai sensi del regolamento CE 765/2008. La certificazione ha validità triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale.

Agevolazioni per Pmi

Per le piccole e medie imprese e le micro imprese, al fine di sostenere il processo di certificazione, sono previsti contributi destinati sia a supportare servizi di assistenza tecnica e accompagnamento alla certificazione sia a sostenere i costi di certificazione.

Sono previste due linee di agevolazioni:

  • per l’assistenza tecnica e l’accompagnamento è prevista l’assegnazione di un contributo fino a 2.500 euro per impresa, sotto forma di servizi finalizzati a trasferire alle imprese competenze specialistiche e strategiche per la certificazione della parità di genere (supporto all’utilizzo dei tools informativi, affiancamento di esperti selezionati per l’implementazione del sistema di gestione per la parità di genere, per il monitoraggio degli indicatori di performance e la definizione degli obiettivi strategici e per la pre-verifica della conformità del sistema di gestione).
  • per il rilascio della certificazione è prevista l’assegnazione di contributi fino a 12.500 euro per impresa, in relazione alla dimensione, sotto forma di servizi di certificazione

Le domande debbono essere presentare entro le ore 16 del 28 marzo 2024 esclusivamente per via telematica con la piattaforma restart.infocamere.it con gli allegati previsti – fra cui il risultato del test pre-screening e, per le aziende che occupano più di 50 dipendenti, la ricevuta di avvenuta compilazione del rapporto periodico della situazione del personale maschile-femminile di cui all’art.46 del dlgs.198/2006.

Per accedere alla certificazione occorre un punteggio minimo 60 per cento derivante dall’applicazione di 33 indicatori qualitativi e quantitativi applicati in maniera diversa secondo le dimensioni dell’organizzazione richiedente. Gli indicatori, Key Performance Indicator (KPI), sono elaborati con riferimento a sei aree le cui variabili sono prese in considerazione da un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere:

  • Cultura e strategia
  • Governance
  • Processi Human Resources
  • Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda
  • Equità remunerativa per genere
  • Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro

La certificazione può rappresentare un vantaggio non da poco per quelle imprese che operano nel settore degli  appalti pubblici  stante il  particolare regime premiale per i datori di lavoro che applicano misure volte a favorire la parità di genere e l’occupazione femminile stante che l’articolo 108 del nuovo Codice degli Appalti di cui al dlgs.36/2023 dispone che al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui sopra.

Da ultimo, ma non certo trascurabile anche se meno “attenzionato”, è l’effetto reputazionale che le organizzazioni in possesso della certificazione che attesta l’attenzione alle politiche di genere possono raggiungere.

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Maria Rosa Gheido
Maria Rosa Gheido
Consulente del lavoro.

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