I giardini di pietra del Val di Noto

Catania, Caltagirone, Noto, Palazzolo Acreide, Militello Val di Catania, Ragusa Ibla e Scicli sono le otto città che l’Unesco ha iscritto nelle liste del Patrimonio mondiale dell’Umanità. Ognuna di loro ha il suo fascino particolare. Dove il barocco regna sovrano.

Alzi la mano chi non ha sbagliato almeno una volta, oppure addirittura non sappia ancora che, se si viaggia in Val di Noto, bisogna ricordare che la parola “Val” sta per vallo e non valle. Furono gli Arabi, durante la loro luminosa dominazione in terra siciliana, a suddividere amministrativamente l’isola in tre valli, tra cui quello di Noto, che includeva i territori della Sicilia sud-orientale, tra le attuali province di Catania, Siracusa e Ragusa, e quelle più interne di Enna e Caltanissetta. Una suddivisione, principalmente giuridica ed erariale, che fu attiva per nove secoli, fino al termine della dominazione borbonica e l’avvento del nuovo Regno d’Italia.

Dilemmi linguistici a parte, oggi è universalmente risaputo che Noto, e altre sette città siciliane, sono state insignite nel 2002 del titolo di Patrimonio dell’Umanità, deciso dall’Unesco nel 2002, per essere la più alta espressione dell’architettura tardo-barocca, la cui cifra decorativa supera per opulenza e monumentalità qualsiasi altra evidenza del Barocco europeo.

Un po’ di storia

Tutto nacque in seguito ad un evento catastrofico. L’11 gennaio 1693, un disastroso terremoto colpì la costa tra Catania e Siracusa, radendo al suolo quarantacinque centri abitati e causando la morte di almeno sessantamila persone. Passò alla storia come il “terremoto di Val di Noto” e, ancora oggi, è ricordato per essere il sisma più devastante avvenuto sul territorio italiano, con una magnitudo stimata tra 7.1 e 7.4 . La ricostruzione fu l’occasione per ripensare all’impianto e alla decorazione delle nuove città. Il principale artefice dell’epocale cambiamento fu Giuseppe Lanza, Duca di Camastra, che, tempo addietro, era stato nominato vicario generale per conto del viceré spagnolo. Con i suoi collaboratori, decise il nuovo sviluppo urbanistico delle città colpite, abbandonando i contorti impianti medievali in favore di quelli a scacchiera, che con la presenza di più ampie direttrici, avrebbero reso le città più ariose e sicure. Fu l’inizio di uno sterminato cantiere che si sviluppò per quasi tutto il secolo seguente e che fece accorrere fin lì, non solo architetti e ingegneri, ma anche innumerevoli artigiani ed artisti. Scultori, pittori, scalpellini. Alcuni provenienti dai cantieri romani, altri da quelli palermitani, dove gli stilemi del Barocco erano giunti già all’inizio del Seicento. Lo stile artistico che aveva caratterizzato edifici sacri e palazzi in tutta Europa, maturò qui la sua fase finale, interessando intere città. Ci fu unità di intenti tra amministrazione, alti dignitari, nobili e clero, oltre alla capacità di coniugare le nuove forme dell’architettura con la ricca tradizione siciliana.  Fu una rivoluzione urbana, che portò la teatralità barocca sulle strade, ma con più enfasi geometrica, decorativa e cromatica.

Val di Noto, patrimonio Unesco

Catania, Caltagirone, Noto, Modica, Palazzolo Acreide, Militello Val di Catania, Ragusa Ibla e Scicli sono le otto città che l’Unesco ha iscritto nelle liste del Patrimonio mondiale dell’Umanità. Tra le motivazioni di questo riconoscimento c’è l’evidenza di un’architettura omogenea, dovuta alla simultanea ricostruzione di questi centri in seguito al sisma e segno, quindi, di un progetto urbano condiviso. Nonostante ciò, ognuna di queste città ha il suo particolare fascino, conferito, per esempio, dai diversi materiali locali utilizzati per la ricostruzione. In Val di Noto tutto è pietra, è quella dei Monti Iblei. Un materiale che identifica il territorio e che assume diverse colorazioni a seconda delle zone di estrazione. Per questo motivo i palazzi di Noto hanno il colore del miele, mentre la pietra di Ibla ha i riflessi rosati. L’architettura delle nuove città influenzò anche i centri più piccoli. Anche senza la presenza di edifici monumentali, il Barocco appare nelle facciate di chiese di paese o nelle decorazioni di finestre e balconate di abitazioni, proiettate in mondi fantastici grazie alla presenza di un ricco bestiario e di buffi volti di pietra che guardano dall’alto i viandanti.

Un discorso a parte va fatto per Siracusa, che pure conserva magnifici esempi di Barocco e che ci si aspetterebbe di trovare tra le città Unesco di Val di Noto. Siracusa, come anche Catania, per esempio, subirono una parziale distruzione, mentre non fu così per altre città, come Ragusa Ibla o la stessa Noto, che vennero rase al suolo. Di per sé, Siracusa rappresenta un unicum al mondo perché il suo impianto urbano porta le tracce dei popoli che si sono susseguiti per tre millenni e che hanno fatto di Siracusa un centro abitato fin dalla notte dei tempi. Dalla necropoli preistoriche dei dintorni alle vestigia magno-greche, dai resti romani e  bizantini fino al passaggio dei Normanni e della corona spagnola, Siracusa ha saputo fondere i caratteri di civiltà diverse e lontane tra loro nel tempo ed è proprio in questo che risiede la sua unicità . Per questo motivo, l’Unesco ha insignito Siracusa e la vicina necropoli preistorica di Pantalica del titolo di Patrimonio dell’Umanità nel 2005. In fondo, le ricostruzioni seguite al sisma del 1693, a Siracusa non sono altro che l’ennesimo e mirabile capitolo di una infinita e gloriosa storia.

Il Barocco

Le infiorate (vedi box), che si susseguono da queste parti in primavera, sono solo una delle tante occasioni  per scoprire i centri principali del Barocco di Val di Noto, evitando così la torrida estate siciliana e la folla di turisti che la nomina Unesco porta qui ormai da vent’anni nel mese di agosto. Di seguito alcuni spunti.

Partendo da sud, Ragusa Ibla, Modica e Scicli, che sono collegate tra loro da una direttrice lunga solo una ventina di km, costituiscono un complesso architettonico di grande impatto scenografico, incastonate tra gli Iblei e il mare. Ragusa Ibla, dopo la fatale distruzione, fu teatro di una doppia ricostruzione. La città nuova fu ricostruita sull’altopiano di fronte al centro antico di Ibla, che non fu abbandonato, ma ricostruito interamente, unico centro che mantenne il suo impianto medievale, essendo costruito in cima ad uno spettacolare canyon. Tra le decine di chiese e palazzi, spicca il Duomo di San Giorgio, che si affaccia su una lunga piazza, set delle prime stagioni del Commissario Montalbano. Dalla parte opposta del Duomo, è interessante la visita a Palazzo Arezzo Trifiletti, dimora nobiliare in stile neoclassico. Da una delle sue finestre si potrà godere la vista più iconica del duomo e la piazza. Non bisogna lasciare Ibla senza aver visitato l’atelier di Cinabro Carrettieri

( www.cinabrocarrettieri.it ) , dove Damiano Rotella e Biagio Castilletti si dedicano alla pittura e al restauro dei carretti siciliani, portando avanti così una tradizione secolare. Titolari di commissioni prestigiose, la visita del fotografo Steve McCurry  nel 2017 ha reso nota la loro attività con un memorabile scatto.

Arroccata sulle ultime propaggini degli Iblei, Modica ha tre anime: quella antica di Modica Alta, quella otto-novecentesca di Modica Bassa e quella moderna di Modica Sorda. Da sempre città culturalmente effervescente, per molto tempo ha rivaleggiato con la vicina Ragusa. Conosciuta per la tradizione del cioccolato, è anche la città natale di Salvatore Quasimodo. Da visitare la casa natale, che è anche museo e che conserva tanti cimeli del poeta ( www.casaquasimodo.it ). Anche a Modica San Giorgio è titolare del Duomo barocco, probabilmente il progetto più riuscito dell’architetto Rosario Gagliardi, che firmò numerosi edifici post-sisma in Val di Noto. Lo si raggiunge percorrendo un’ardita scalinata di 250 scalini.

Infine, Scicli, con il suo borgo barocco, è adagiato in pianura a pochi km dal mare. Elio Vittorini ne fece un’emozionante descrizione in “Le città del mondo”, definendola come “la più bella di tutte le città del mondo. Notevole la chiesa di S. Michele, che si apre su una piazzetta lungo via Mormino Penna. Poco più in là, nel palazzo del Municipio si può visitare il set del commissariato della Vigata di Montalbano. Una foto dietro la scrivania dell’ufficio più famoso d’Italia è d’obbligo. La più importante festa religiosa si svolge a fine maggio e celebra la patrona della città, la Madonna delle Milizie, che secondo la tradizione, permise alle truppe normanne di sconfiggere i Saraceni. Nella Chiesa Madre, c’è la sua statua che la ritrae a cavallo come una guerriera.

A nord di Ragusa, sull’altro versante degli Iblei ci sono Caltagirone, Militello Val di Catania, nel catanese, mentre più a est sorge Palazzolo Acreide. Nonostante siano meno alla moda delle altre città Unesco, vale la pena prendersi del tempo per visitarle, se non altro, per scoprire l’emozionante paesaggio naturale ed agreste che le circonda, oltre ovviamente al centro storico barocco. A Caltagirone è nota per l’antica produzione della ceramica, una tradizione appresa dagli arabi e catalani, ma che nei secoli ha saputo evolversi e a darsi un’impronta unica. Da visitare il locale museo, ma in realtà la città stessa è un museo di ceramica a cielo aperto. Militello e Palazzolo Acreide hanno origine antichissime, soprattutto quest’ultima che sorge oggi dove un tempo vi era l’antica città greca di Akrai, colonia fondata dai siracusani nel VII secolo a.C. Da visitare sicuramente il sito archeologico che conserva anche l’antico teatro greco.

Catania ebbe due motivi per pensare ad una ricostruzione. Oltre al terremoto del 1693, la città subì ingenti danni anche per  la devastante eruzione dell’Etna del 1669. La città non ha bisogno di presentazioni, ma per conoscere i siti principali del Barocco, bisogna dirigersi  nella grande piazza che accoglie il Duomo di Sant’Agata e il Palazzo degli Elefanti che oggi ospita il municipio.

Noto, infine, è sicuramente la città  più monumentale. Non solo è stata premiata dall’Unesco, ma anche dal Consiglio d’Europa che l’ha dichiarata “Capitale del Barocco”. Passeggiare su Corso Emanuele, con la sua lunga infilata di chiese e palazzi barocchi è un’esperienza quasi irreale. Sembra di percorrere un infinito palcoscenico. E’ il giardino di pietra per eccellenza, anche se quella di Noto è una pietra fragile. Parte della cattedrale di San Nicolò crollò all’improvviso intorno alle 23 del 13 marzo 1996. Per la città intera fu uno shock, ma proprio da questa ennesima ricostruzione, durata vent’anni, non solo la chiesa più importante è rinata, ma anche la sua comunità. Forse da qui è partita la fortuna recente di Noto, aiutata dall’arte del “ricominciare da capo” che hanno gli abitanti di queste terre. Come nel 1693, quando il terremoto l’aveva completamente distrutta. Una curiosità: tantissimi netini portano il nome del patrono cittadino, San Corrado, le cui spoglie sono conservate proprio nella Cattedrale. Il più noto di questi, dopo San Corrado ovviamente, è Corrado Assenza, il leggendario pasticciere del Caffè Sicilia. Da tutto il mondo la gente viene per far la fila fuori dalla sua pasticceria, ma una volta entrati non si vorrebbe più uscire.

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